di DAVID GARCÍA ARISTEGUI – Solidaridad Obrera, Madrid
Il 14N in Spagna è stato convocato pressoché da tutte le organizzazioni sindacali. Le sinistre al di fuori del paese possono forse avere una percezione diversa, soprattutto perché media piuttosto influenti di quello che, per semplificare, chiamiamo movimento 15M – come Diagonal o Madrilonia – hanno cercato di minimizzare il ruolo dei sindacati e, al contrario, amplificare quello dei movimenti sociali. La convocazione del 14N è però partita dal sindacalismo ufficiale e istitutionale della Confederación Sindical de Comisiones Obreras (CCOO) e della Union General de Trabajadores (UGT), che ancora una volta hanno trainato le numerose organizzazioni della sinistra sindacale e dell’anarcosindacalismo. Il ruolo dei sindacati, insomma, è stato centrale e il 15M, che si è sempre fermato di fronte ai cancelli dei luoghi di lavoro, ha avuto un ruolo secondario in questa mobilitazione. Tale ruolo dipende dal fatto che il 15M non è abituato a prendere parte a iniziative che non abbia sostenuto autonomamente. Sembra che solo gli scioperi generali convocati dai sindacati abbiano la capacità di condizionare la sua agenda.
Vale la pena ricordare che una delle prime proposte abbozzate all’interno del 15M è stata proprio quella di un «sindacalismo senza sindacati», avanzata per la prima volta, paradossalmente, dal responsabile del settore TIC della CCOO di Madrid. È una proposta che è circolata ed è stata discussa principalmente sulla rete, come spesso accade con le questioni sollevate dal 15M; alle assemblee fisiche non è stata data una grande importanza. La campagna «Toma la Empresa» si è diffusa moltissimo su internet senza esito alcuno; si è trattato di un miraggio, non si è arrivati a realizzare nessuna assemblea sui luoghi di lavoro nemmeno nel pieno dell’effervescenza del 15M.
Nell’ambito del movimento 15M di Madrid la Comisión de Extensión Laboral si è indebolita, fino a scomparire, dopo l’estate del 2011, mentre parallelamente si organizzava il gruppo di lavoro «Huelga General». Questo gruppo ha lanciato diversi comunicati interessanti, organizzando con la Confederación General del Trabajo (CGT), la Confederación Nacional del Trabajo (CNT-AIT) e Solidaridad Obrera una giornata e una settimana di lotta – sfortunatamente fallite – e altre iniziative che hanno dato il via a un contatto più o meno costante tra alcuni settori del 15M e l’anarcosindacalismo, fino alla creazione del Bloque Unitario che ha reso il gruppo di lavoro «Huelga General» una presenza ormai solo di testimonianza. Il Bloque Unitario è diventato lo spazio in cui CNT-AIT, CGT e Solidariedad Obrera coordinano i loro sforzi con quelle assemblee del movimento 15M interessate a dare impulso allo sciopero generale. Dopo il 14N il futuro del Bloque è un’incognita. Mentre intanto altri settori del 15M, sostenuti dalla Oficina Precaria, hanno coordinato le loro attività durante lo sciopero generale in Tomalahuelga. È chiaro che, nell’ambito del 15M, ci sono almeno due modi, e ben differenziati, di intendere l’intervento nell’ambito del lavoro.
È utile sottolineare che molta gente delle Acampadas si riconosceva nelle prime assemblee che non hanno partecipato allo sciopero nel 2010 nè a quelli prima del 15M, mentre questo è già il secondo sciopero in cui il movimento è coinvolto in un anno. I sindacati non intervengono solo negli scioperi generali, ma ora godono di quello che chiamiamo un «mantello sociale», giacché sono in grado di indurre il 15M a unirsi allo sciopero, con «picchetti cittadini» o studenteschi. D’altra parte la presenza nello sciopero in molti barrios di Madrid è stata organizzata con picchetti organizzati esclusivamente dalle assemblee del 15M, dal momento che i sindacati – che da molto tempo hanno smesso di organizzarsi nei barrios – non arrivano in questi luoghi.
È estremamente curioso che gente che ha fatto una campagna e ha votato a favore dell’ingresso della Spagna nell’Unione europea, spesso influenzata dallo strano discorso europeista di intellettuali come Toni Negri, sia quella che ora ha l’atteggiamento più belligerante nei confronti dell’Europa. In Spagna non c’è, ora come ora, niente che assomigli a discorsi euroscettici come quelli del Regno Unito. In alcuni media, in effetti, si avverte una certa avversione nei confronti della Germania, ma contemporaneamente si guarda con simpatia alla Francia di Hollande. Non si vede l’«Europa» o la UE come un blocco omogeneo. Piuttosto, si vedono come un nemico le politiche neoliberali del Partito Popolare (PP), e prima di lui quelle del Partito Socialista (PSOE).
La dimensione europea dello sciopero si è riflessa solo nei mezzi di comunicazione, tanto quelli ufficiali/corporativi quanto quelli alternativi e/o del 15M. Si può fare l’esempio del comunicato della più grande organizzatione coinvolta nello sciopero, la CCOO, che non ha nemmeno fatto esplicito riferimento alle giornate di sciopero organizzate in altri paesi. Non si può leggere questo sciopero in chiave nazionalista, «destituente», e neppure contro il debito o le politiche della Troika. Questo è il discorso di una parte del 15M, e non necessariamente quello maggioritario. È stato uno sciopero di resistenza contro tutti i tagli del governo e contro la riforma del mercato del lavoro, che sta avendo effetti davvero devastanti. Basta analizzare i testi del vertice sociale organizzato da CCOO e UGT, come anche i testi del sindacalismo alternativo. Le strizzate d’occhio dei sindacati agli slogan di un movimento mediatico come il 15M sono costanti – e il motivo è ovvio – ma anche questo è stato uno sciopero generale contro i tagli dei salari, dei servizi e dei diritti, cioè contro la riforma del mercato del lavoro.
I migranti, poi, continuano a essere invisibili negli scioperi generali. Uomini e donne migranti, in Spagna, normalmente non scioperano: sono l’anello più debole della catena. Sono coloro che hanno i lavori più precari, che soffrono maggiormente lo sfruttamento e che più di chiunque altro temono il licenziamento (o la deportazione). Molte volte non partecipano neppure alle manifestazioni autorizzate, per paura che vengano controllati i loro documenti. Le poche Oficinas de Derechos Sociales che rimangono (ora si sta affermando un’iniziativa simile, l’Oficina Precaria) sono state gli unici luoghi nei quali si sono potuti organizzare attivisti e migranti insieme nelle mobilitazioni dei lavoratori ambulanti e delle lavoratrici domestiche, oltre che nelle campagne contro i Centri di detenzione per migranti e le retate razziste della polizia … ma è precisamente per questo che il «sindacalismo sociale» sembra essere rimasto circoscritto alle lotte specifiche dei migranti. E questo non è secondario, soprattutto perché dovrebbe far riflettere tutto il sindacalismo «classico» sulla sua cronica incapacità di articolare un lavoro con i migranti, come si è visto anche nello sciopero. Una delle più importanti organizzazioni dei migranti di Madrid, la Asociación Sin Papeles, non ha neppure convocato esplicitamente lo sciopero del 14N. Che i migranti (con o senza documenti) continuino a vedere le organizzazioni sindacali come qualcosa di completamente estraneo è finora uno dei maggiori insuccessi del sindacalismo. Sfortunatamente, lo slogan «di qui o di fuori, la stessa classe operaia» è semplicemente questo, uno slogan che si canta nelle manifestazioni, ma senza decisive conseguenze nella realtà organica dei sindacati.
Nel frattempo, anche in Spagna assistiamo alla fine della concertazione. Oggi è un vero mistero come potranno reinventarsi CCOO e UGT, perché dopo le ultime riforme la contrattazione collettiva, uno dei pilastri fondamentali del loro potere (accanto alle sovvenzioni) è già nel passato. Il padronato (la Confederación Española de Organizaciones Empresariales, CEOE) è riuscito, tra le altre cose, a fare in modo che i diritti del lavoro si contrattino impresa per impresa e, se possibile, a livello individuale.
Per concludere, è necessario ricordare che nel cosiddetto mercato del lavoro migranti, giovani e donne di qualunque età, fanno esperienza di tassi di interruzione del lavoro superiori alla media, di salari più bassi e di una maggiore temporaneità dei contratti. E sono proprio questi gruppi quelli che hanno la minore presenza collettiva e rappresentanza nelle organizzazioni sindacali. Il risultato di questo mancato incontro tra queste ultime e i settori che più hanno bisogno di azione e difesa collettiva è un antico e ambito sogno neoliberale. Dissolto qualunque tipo di «contratto sociale» la forza lavoro non è altro che merce, da prendere o lasciare, possibilmente senza molestie da parte dei sindacati, senza accordi e senza rivendicazioni collettive tra i piedi. Il rapporto di lavoro si riduce esclusivamente alla sua dimensione mercantile, mediata unicamente da un «autoregolato» (sic.!) mercato del lavoro.
Questo sciopero generale ha prodotto più incognite che certezze, soprattutto per via del suo esito relativo. CCOO e UGT continuano a mantenere il maggior potere di mobilitazione in questo paese. L’universo del sindacalismo alternativo e dell’anarcosindacalismo, quando riesce a coordinarsi adeguatamente con il movimento 15M, riesce a realizzare, nella città di Madrid, manifestazioni di 100.000 persone, e anche più partecipate a Barcellona. E la presenza dello sciopero generale nei barrios, almeno a Madrid, si è concentrata nei picchetti organizzati dal 15M, a volte da solo, a volte con le organizzazioni sindacali, però comunque secondo i parametri delle assemblee del 15M, ai quali il sindacalismo, scomparso dai quartieri da anni, si è dovuto adeguare.
I sindacati hanno dato copertura legale allo sciopero, hanno messo a disposizione i mezzi per la mobilitazione e hanno aperto i loro locali per le assemblee del 15M. Il 15M, con la sua forza (per il momento) travolgente e inarrestabile tra le reti sociali, ha deciso di unirsi al 14N in una prospettiva critica (soprattutto nei confronti di CCOO e di UGT) e giocando un ruolo assolutamente fondamentale nello sciopero e nelle strade. La situazione è insomma confusa. Il sindacalismo istituzionale, quello alternativo e il 15M escono in un certo senso rafforzati allo stesso modo da questo 14N. E tuttavia, questa dimostrazione di forza – come anche i disordini che si sono dati una volta terminate le manifestazioni – non hanno indotto il governo del Partido Popular a spostarsi di un millimetro. È stato come sbattere contro un muro.