venerdì , 22 Novembre 2024

Le alluvioni in Pakistan e gli effetti di genere del cambiamento climatico. Una conversazione con Mariam Magsi

di MASHA HASSAN

Il Pakistan, e in particolare le province del Belucistan e del Sindh meridionale, è stato colpito da una devastante catastrofe climatica che ha provocato lo sfollamento di circa 33 milioni di persone. Pubblichiamo qui una conversazione con Mariam Magsi*, artista multidisciplinare nata e cresciuta a Karachi, in Pakistan e ora residente in Canada. La famiglia di Magsi è stata sul posto fin dall’inizio di questi disastri alluvionali e condivide con noi l’intima testimonianza delle conseguenze. Dall’invisibilità del Belucistan agli effetti di genere del cambiamento climatico, passando per il ruolo dei movimenti locali, Magsi si allontana dai consueti dati statistici e dalle cifre dei disastri climatici. In questo modo, fa luce sulla realtà del territorio, svelando le narrazioni locali nel distretto di Jhal Magsi, in Belucistan. Ne emerge una chiara visione della dimensione sociale del cambiamento climatico, che lungi dall’essere “naturale” è il risultato dello sfruttamento capitalistico del territorio e delle risorse e al tempo stesso colpisce in modo particolare le donne, che devono fronteggiare le norme culturali che impongono la loro invisibilità anche quando lottano per sopravvivere e mettersi al sicuro dopo l’alluvione. Nonostante ciò, Magsi spiega anche che la solidarietà e l’attivismo rendono le donne visibili e spezzano le catene della loro subordinazione, nello sforzo collettivo di riprendersi un futuro contro l’attuale stato di distruzione.

***

MH: Sembra che la catastrofe climatica in Pakistan sia invisibile, tanto più se si tratta delle province del Belucistan e del Sindh meridionale, che sono le zone le più colpite. Potresti darci una panoramica della situazione attuale?

MM: La provincia del Belucistan è piuttosto emarginata, nonostante la sua ricca e antica storia e le sue risorse, che attualmente nutrono il resto del Pakistan. Si trova anche in una posizione strategica che è finita nel mirino degli sviluppatori stranieri che cercano di espandere i progetti industriali sulla costa di Gwadar. I Beluci sono incasellati nelle categorie di vittima o aggressore, subumano o violento, e devono affrontare una serie di atrocità, come sparizioni forzate, povertà e violazioni dei diritti umani, oltre a continui conflitti armati e guerre tribali. Quando le inondazioni hanno iniziato a colpire la provincia nel luglio del 2022 mio padre, Nawabzada Tariq Magsi, del clan Magsi, era già sul posto, nelle nostre terre di origine nel distretto di Jhal Magsi. La casa si è allagata e i terreni agricoli sono stati distrutti. Utilizzando le foto e i video fatti da mio padre ho iniziato a usare i social per sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso aggiornamenti quotidiani sull’innalzamento del livello dell’acqua dovuto alle continue piogge e sui danni causati dalle inondazioni. L’eclatante silenzio dei notiziari locali, delle organizzazioni governative e dei leader provinciali/federali è stato stupefacente. Quando l’ondata monsonica si è prolungata fino ad agosto, la provincia ha registrato più del 500% di pioggia rispetto al solito, in aree in cui prima di quest’anno non c’era quasi mai stata pioggia. Durante il solo mese di agosto, questa area insieme al Sindh, al Punjab meridionale e al KPK, è stata devastata totalmente da inondazioni improvvise e dall’ondata monsonica. Ci sono state numerose perdite di vite umane, bestiame, agricoltura, infrastrutture, abitazioni e risorse.

MH: Le élite pakistane e molti politici affermano che le inondazioni sono disastri “naturali”, mentre molti analisti del clima chiamano in causa i paesi sviluppati per le loro emissioni di carbonio e il loro ruolo nel cambiamento climatico. Pensi che ci sia anche un’eredità coloniale legata all’attuale disastro in Pakistan? Quali sono le narrazioni locali sulle cause di queste inondazioni?

MM: Ambientalisti come Greta Thunberg e Vandana Shiva per anni hanno suonato il campanello d’allarme per la crisi climatica, eppure pochissimi paesi hanno prestato ascolto, nonostante i livelli di calore siano aumentati con un ritmo allarmante. Se si guarda alla Cina, ad esempio, quasi nessuno parla delle temperature record che il paese sta fronteggiando. Anche alcune parti dell’Europa hanno registrato ondate di calore ingestibili nell’estate del 2022. La crisi climatica non è più un problema del futuro per cui dobbiamo prepararci, perché ci siamo già nel mezzo. A chi diamo la colpa? Alle multinazionali e agli imprenditori industriali? Ai governi capitalistici e affamati di profitto? A noi stessi, in quanto consumatori irresponsabili? Alle élite che stanno al potere? Penso che abbiamo contribuito alla distruzione del pianeta collettivamente, e quindi la guarigione e il recupero di questo luogo devono venire da tutti noi, collettivamente, usando innovazione, lungimiranza strategica e creatività. Shazia Hasan su «Dawn», il principale quotidiano inglese in Pakistan, scrive della distruzione delle mangrovie nella città di Karachi, un luogo che sta assistendo a continue e inquietanti inondazioni urbane. I mercenari di terre e i gruppi mafiosi hanno avviato illegalmente lo sviluppo di varie zone della città, distruggendo quel poco di natura che rimane. Le mangrovie svolgono un ruolo importante per la salute ecologica dell’ambiente e con il cemento sparso per chilometri senza una pianificazione urbana aggiornata, lì andrà a finire l’acqua quando pioverà in modo così insolito.

MH: È chiaro che rimbomba il suono dell’ingiustizia, dato che il ruolo del Pakistan nelle emissioni di carbonio è inferiore all’1%, ma sta sopportando il peso delle attuali emissioni globali di gas serra, emesse per lo più dai paesi ricchi. Sherry Rehman, ministro del cambiamento climatico del paese, in un recente articolo ha insistito sul fatto che «i ricchi che inquinano devono pagare il dovuto mentre il paese è colpito da devastanti inondazioni». Quando si parla di aiuti internazionali, pensi si ripeta lo stesso schema con cui la comunità internazionale ha risposto nel 2010? Pensi che gli aiuti siano sufficienti per i risarcimenti?

MM: Ho fatto del sostegno ai collettivi locali e ai volontari singoli o in gruppo una priorità. Prima delle promesse della comunità internazionale di ingenti somme di denaro e della copertura mediatica delle inondazioni, collettivi locali come BYAC (Baloch Action Youth Committee) e Madat Balochistan avevano già avviato progetti di soccorso portando aiuti immediati e urgenti alle comunità sfollate in difficoltà. Rivolgendomi alle mie reti in Canada e negli Stati Uniti ho raccolto personalmente oltre 11.000 dollari CAD e ho inviato i fondi alle organizzazioni e ai volontari locali, che li utilizzeranno per le operazioni di soccorso in corso in Belucistan. Abbiamo anche raccolto fondi e distribuito donazioni con tende, generi alimentari, articoli per le mestruazioni e fondi per la riabilitazione. Non mi fido delle organizzazioni governative e delle promesse degli Stati esteri. Non posso dire cosa succede con tutti questi fondi, quanto tempo impiegano ad arrivare nel paese e come vengono utilizzati in una rete di corruzione. Quando si dona ai collettivi locali, si partecipa a un’azione collettiva, con maggiore trasparenza e una risoluzione immediata dei problemi da parte della comunità, anche se su scala ridotta e più mirata. Oltre ai sostegni economici, la comunità internazionale dovrebbe avvalersi dell’aiuto di esperti per avviare un piano di prevenzione per i futuri, inevitabili disastri. Un disastro di questa portata richiede un’immensa pianificazione a lungo termine per i soccorsi e la riabilitazione, innovando al contempo il modo in cui la vita delle persone può essere resa un po’ più vivibile e gestibile durante la crisi climatica, che inevitabilmente avrà un impatto sul Pakistan anno dopo anno.

MH: In un rapporto di Oxfam sullo tsunami dell’Oceano Indiano del 2004, il 70% delle 230.000 persone uccise erano donne. Sebbene questi numeri e molti altri rapporti simili ci rendano ben consapevoli dell’impatto di genere delle catastrofi climatiche, il tema ricorrente è il continuo disinteresse per le vulnerabilità di genere. In Pakistan in questo momento le donne sono costrette a uscire dal loro spazio personale. Puoi dirci come stanno affrontando questo improvviso passaggio dalla sfera personale a quella pubblica?

MM: Sono amareggiata, ma non sorpresa da questi numeri. Le donne, le minoranze, le persone queer, i bambini, gli anziani e le comunità di estrazione socioeconomica inferiore sono colpiti in un modo grave e sproporzionato. La loro dignità e la loro privacy vengono completamente eliminate durante i disastri naturali e le crisi. Per esempio, in molte delle comunità bloccate e sfollate, nei rifugi a cielo aperto e nei terreni aridi, le donne hanno le mestruazioni e sporcano i propri abiti. Molte sono morte di parto e sono state travolte dall’acqua. In un contesto profondamente segnato dalla discriminazione di genere, per le donne e le ragazze in particolare è tutto più difficile. Nelle nostre comunità Beluci conosco cinque donne decedute durante il parto durante le alluvioni del 2022. L’acqua ha letteralmente portato via tutto quello che ha trovato sul suo cammino, è spaventoso anche solo provare a immaginare quello che è successo. Poiché sto ricevendo informazioni di prima mano da mio padre, comprese le foto e i video dei membri della famiglia e del clan presenti sul posto, è stato traumatico, anche solo guardare i filmati ogni giorno e rendersi conto che questa è la realtà per milioni di persone in questo momento e che lo sarà per un periodo di tempo considerevole, mentre il paese si prepara a un lungo percorso di guarigione, recupero e riabilitazione. In molti video, le donne si affannano a coprirsi con la dupatta o con il chador, nonostante siano inzuppate dalla testa ai piedi. Anche quando la loro vita è così a rischio, sono costrette a pensare alle norme culturali e su come negoziare la loro sicurezza nella sfera pubblica e nella crisi.

MH: I disastri legati al clima sono strettamente legati ai sistemi patriarcali, ai problemi esistenti che riguardano le donne, alle loro vite precarie e alla loro capacità di agire. Quali sono stati i comportamenti della società nei confronti dei bisogni delle donne e, soprattutto, in che modo le donne sono state in prima linea nel resistere e combattere stigmi e tabù durante questa crisi?

MM: Questa è un’ottima domanda perché, francamente, le donne sono in prima linea in ogni modo possibile. Il Pakistan è spesso percepito come un paese oppressivo per le donne e le persone omosessuali e, sebbene sia così, la resistenza che è emersa, soprattutto tra le donne che stanno rompendo il proverbiale soffitto di cristallo in una miriade di modi, è davvero fonte di ispirazione. Banari Mengal gestisce il BYAC-Balochistan Youth Action Committee, un collettivo locale riconosciuto dalla Fondazione Bill Gates. Da luglio, BYAC lavora instancabilmente per portare soccorso, rifugio e recupero alle comunità colpite in tutto il Belucistan, compresa Jhal Magsi. Lavorando con i volontari locali, molte delle quali sono donne, gli aiuti vengono continuamente organizzati e trasferiti alle città, ai villaggi e ai comuni colpiti. Mia cugina, Areeba Magsi, ha sensibilizzato l’opinione pubblica attraverso i canali di informazione locali e internazionali, raccogliendo anche donazioni per aiutare le famiglie colpite in Belucistan, soprattutto nel distretto di Jhal Magsi. Maryam Jamali, con Madat Balochistan, ha cucinato per migliaia di persone, fornendo continuamente aiuti e mettendo in contatto i donatori con cause importanti, come la sponsorizzazione delle famiglie sfollate della minoranza indù, che in questo momento hanno un estremo bisogno di aiuto. Khalida Brohi è una donna beluci che sta raccogliendo fondi per le comunità colpite dalle inondazioni, attraverso la Sughar Foundation, un’iniziativa da lei creata per promuovere il benessere economico delle donne tribali beluci. L’ufficiale sanitario del distretto di Jhal Magsi è una donna di nome Dr. Rukhsana, che ha coordinato la fornitura di farmaci e l’allestimento di cliniche mobili per aiutare le persone colpite dalle alluvioni. Tutte le donne hanno raccolto le loro risorse per organizzare soccorsi immediati e alloggi per le comunità sfollate. Le studentesse universitarie Anum Khalid e Bushra Mahnoor hanno dato vita alla campagna Mahwari Justice, con la quale stanno distribuendo prodotti per il ciclo per le donne e chi ha le mestruazioni, che hanno perso la privacy e l’accesso ai servizi igienici. In molte zone rurali del Pakistan, la stoffa è ancora usata come soluzione alle mestruazioni, quindi, oltre alla distribuzione di prodotti per il ciclo, come assorbenti e articoli per lavarsi, si sta pensando anche alla formazione su questioni concernenti il ciclo. Le donne stanno allestendo campi medici, accogliendo sfide enormi. In alcune aree del Belucistan, interi distretti hanno solo un medico donna e la maggior parte delle donne dei clan non si sente a proprio agio a farsi visitare dagli uomini. Non è un segreto che la violenza sessuale e fisica aumenti su donne e bambini, soprattutto nei campi e nelle strutture per i rifugiati.

MH: Vorrei che ci soffermassimo sulle questioni di salute mentale e sui traumi post-catastrofe, che spesso vengono trascurati e restano poco prioritari; attualmente vengono forniti servizi di salute mentale, in particolare alle donne, alle persone LGBTQ, alle minoranze?

MM: Il trauma viene raramente elaborato. Spesso ci si aspetta che le persone raccolgano i pezzi e vadano avanti. Anche prendersi il tempo di fermarsi a riflettere è un privilegio, mentre non dovrebbe essere così. In Pakistan c’è un disperato bisogno di sostegno per la salute mentale, soprattutto nei momenti di crisi, e questo sostegno deve esserci dal punto di vista sia culturale sia linguistico. @coach.within.you (IG) è una cara amica che sta attualmente fornendo un supporto sui traumi alle donne, ai gruppi LGBTQ@+ e alle minoranze che hanno bisogno di sostegno per la salute mentale durante le alluvioni. Le persone che fanno parte della mia rete si sentono estremamente demoralizzate e impotenti, soprattutto quelle di noi che vivono nella diaspora, con le nostre famiglie e i nostri cari a casa che stanno lottando in questi tempi turbolenti. Per esempio, qualche giorno fa una giovane pakistana mi ha scritto «il nostro paese esisterà ancora?» e io l’ho subito messa in contatto con un supporto per la salute mentale. Le comunità colpite dall’alluvione hanno perso molto: case, mezzi di sostentamento, sicurezza, strutture, beni personali che hanno impiegato anni a raccogliere, per i propri figli e per le generazioni future. Tutto è scomparso in una frazione di secondo. Con la carenza di medici e personale sanitario, i servizi di salute mentale passeranno in secondo piano e non avranno la priorità, anche se dovrebbero averla. Per i colleghi pakistani che stanno leggendo, posso lasciare qui alcuni contatti utili[i].

MH: Per concludere, seguendo i vostri social media ci si aggiorna su ciò che sta accadendo. Puoi parlarci di Jhal Magsi e delle loro iniziative, sottolineando al contempo l’importanza delle reti di solidarietà locali?

MM: È da più di un mese che stiamo facendo opera di sensibilizzazione collettiva sulla terribile situazione di Jhal Magsi, con una risposta limitata da parte delle organizzazioni governative locali e internazionali. A luglio e all’inizio di agosto ho iniziato a mobilitare reti e risorse in Canada, dove vivo. Abbiamo raccolto con successo 4.220 dollari e 150 famiglie hanno ricevuto razioni di riso, grano, lattine di ghee (burro chiarificato), materiale per il tè, sale e lenticchie. Nel giro di poche settimane tutti gli sforzi di soccorso e recupero sono stati completamente distrutti dalle continue inondazioni improvvise che non hanno lasciato un attimo di respiro. Oltre agli sforzi delle famiglie per fornire soccorsi in varie parti del distretto, organizzazioni come BYAC stanno consegnando beni di prima necessità. Ho completato un secondo giro di raccolta fondi e ho inviato 5.965 dollari. Poiché c’è un’eccedenza di razioni alimentari e di acqua potabile in arrivo, i fondi saranno destinati all’acquisto di farmaci salvavita di cui c’è urgente bisogno. Malattie come la malaria si stanno diffondendo a un ritmo allarmante. I bambini presentano infezioni cutanee molto gravi, coperti di eruzioni dalla testa ai piedi. Malattie come il tifo sono una sfida enorme e causano febbre alta tra la gente. Soprattutto le donne presentano una serie di infezioni che devono essere curate immediatamente. La salute pubblica ha un impatto enorme in questo momento, e stiamo parlando di popolazioni che non hanno nemmeno iniziato a elaborare le perdite subite a causa delle inondazioni. Pertanto, è urgente che ci siano competenze mediche, cliniche mobili, campi medici e una fornitura continua di farmaci salvavita, idratazione per via endovenosa e attrezzature sanitarie. Si stima che oltre 138.000 donne incinte abbiano bisogno di assistenza umanitaria urgente per partorire in sicurezza. Tutti noi stiamo facendo quello che possiamo dai nostri piccoli angoli del pianeta, sia per sensibilizzare l’opinione pubblica, sia per distribuire fondi e risorse, sia per mettere in contatto i donatori con le iniziative locali e per cercare di capire che cosa significhi questa crisi climatica per l’intero pianeta, ora che sappiamo per certo che è qui, che ci siamo in mezzo e che l’azione collettiva è più urgente che mai.

 

* Nata e cresciuta a Karachi, in Pakistan, e attualmente residente a Toronto, in Canada, Mariam Magsi è un’artista multidisciplinare di origine beluci/punjabi. Utilizzando mezzi fotografici e videografici, testi, arte performativa e installazioni, Magsi affronta temi legati alla migrazione, all’identità queer, alle culture dell’Asia meridionale e all’esperienza vissuta attraverso una lente post-coloniale, intersezionale e femminista. Tra i progetti di Magsi si segnalano Purdah, un’indagine artistica e storica sulle pratiche del velo, Daughter of the Tribe, un’esplorazione creativa in corso della sua identità beluci come membro del clan Magsi in Belucistan, e Dawat Yan Project, che incarna una ricerca artistica sulle culture del cibo e dell’ospitalità dell’Asia meridionale.

[i] takecare19.com: Un elenco completo di supporti per la salute mentale sotto forma di sessioni di terapia individuale e di gruppo che utilizzano una varietà di modelli di guarigione e di gestione delle crisi basati sull’evidenza. Headspace Meditations: Gratuito su YouTube, basta andare sul canale Headspace. Ci sono meditazioni uniche incentrate sui temi del lutto, della perdita improvvisa e della gestione delle crisi. Better Help: Piattaforma terapeutica online in grado di mettere istantaneamente in contatto le persone con servizi terapeutici a prezzi accessibili. Trauma, Release and Wellness: Il primo servizio di salute mentale e guarigione informato sui traumi del Pakistan. Si trovano su Instagram all’indirizzo @trwcentre. Se sei una/un operatrice/operatore della salute mentale e se hai tempo, prendi in considerazione l’idea di impegnarti con la comunità pakistana per offrire sostegno durante le alluvioni.

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