di TRANSNATIONAL SOCIAL STRIKE PLATFORM
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Pubblichiamo un’intervista a Sasha, del Movimento femminista contro la guerra in Russia, che ha partecipato all’Assemblea transnazionale permanente contro la guerra. Sasha racconta di come questa guerra sia la continuazione della violenza patriarcale contro cui le donne hanno lottato e lottano, delle diverse forme di opposizione in Russia e annuncia che anche in Russia ci saranno azioni per il 1° maggio transnazionale contro la guerra.
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Come vi state organizzando in Russia come Feminist Anti-War Resistance?
La mobilitazione Feminist Anti-War Resistance è iniziata il secondo giorno di guerra, il 25 febbraio. Per prima cosa abbiamo pubblicato il nostro manifesto, scritto in russo e poi tradotto in più di 20 lingue, attraverso cui donne e gruppi femministi hanno iniziato a mobilitarsi per la nostra resistenza. Il canale principale per le nostre azioni e la nostra organizzazione è Telegram. Grazie anche al supporto di femministe e influencer, solo nei primi giorni si sono iscritte al canale più di 10.000 persone. Così abbiamo iniziato a crescere. Il 6 marzo abbiamo partecipato come blocco femminista a una grande mobilitazione di protesta contro la guerra, che però non ha avuto molto successo. La polizia era ben organizzata e ha impedito l’accesso alle piazze e alle strade principali. Le persone non hanno potuto assemblarsi o raggiungere i loro gruppi, è stato devastante. Dopo il 6 marzo abbiamo deciso di cambiare strategia e passare a tattiche meno visibili di resistenza quotidiana. Queste tattiche sono più sicure perché meno esposte alla violenza della polizia, ma nelle nostre città sono comunque un modo per dare dei segnali di resistenza contro la guerra. Vogliamo creare in ogni città una seconda città contro la guerra.
Il vostro movimento è diffuso in tutta la Russia?
Sì, al momento ci sono 30.000 iscritti sul nostro canale, tra cui diverse migliaia di attiviste e attivisti da diverse città e paesi, che ci inviano costantemente report, idee, suggerimenti per nuove azioni, ecc. Le azioni sono molto varie: può essere qualsiasi cosa, dagli adesivi contro la guerra alle performance. L’idea è di non avere un movimento con una struttura organizzata e chiara. Suggeriamo invece alle persone di organizzarsi in gruppi, di creare le loro chat, la loro pagina Facebook, il loro canale Telegram. Se vogliono, possono usare il simbolo di Feminist Anti-War Resistance e unirsi a noi. Possono comunicare con noi sul canale Telegram, ma per una questione di sicurezza di solito non pubblichiamo queste informazioni, soprattutto se ci arrivano dalla Russia, a meno che non si tratti di gruppi pubblici sui social media. Abbiamo più libertà di pubblicare informazioni sui gruppi che si trovano all’estero. Ci sono gruppi in Regno Unito, Repubblica Ceca e Germania, me cerchiamo di proteggere l’anonimato e, per così dire, l’invisibilità di chi si trova in Russia. In tutto il paese ci sono molti gruppi come il nostro e il nostro canale è una piattaforma per la circolazione di idee sulla resistenza e per coordinarci. Stiamo preparando istruzioni su come fondare nuovi gruppi. Molte persone ci chiedono: come posso unirmi? Conosci persone in questo paese o in questa città? Non siamo noi ad organizzarli, dovrebbero organizzarsi da soli, non credi?
Per quale motivo le femministe sono in prima linea nel movimento contro la guerra in Russia e non solo?
Per prima cosa bisogna considerare il contesto russo. A lungo il movimento femminista non è stato visto come un movimento politico e non ha vissuto la stessa repressione che ha colpito altri movimenti. Le femministe non erano prese sul serio dal governo. Se si guarda al panorama politico si nota che molti altri gruppi politici da tempo subiscono una forte repressione: gli anarchici, i sostenitori di Navalny eccetera. Noi femministe eravamo viste dal governo come delle ragazze bizzarre che facevano delle performances o organizzavano conferenze e festival. Forse hanno pensato che le Pussy Riot fossero abbastanza. Per essere chiari, la repressione ha colpito anche le femministe — Yulia Tsvetkova rischia il carcere per i suoi disegni, siamo state molestate dalla polizia tantissime volte, ma probabilmente il movimento femminista non è mai stato veramente un obiettivo. Prima che noi organizzassimo la resistenza contro la guerra, il movimento femminista non era molto strutturato. C’erano gruppi femministi in tutto il paese, ma collaboravano a malapena tra di loro. Il movimento non era unito come oggi, anche se c’erano molte persone attive in diversi gruppi. L’autonomia dei gruppi femministi sparsi in tutto il paese è la forza di questa resistenza femminista contro la guerra perché rende più difficile capire chi sta agendo.
Il secondo motivo è che le femministe, per ovvi motivi, si oppongono al militarismo e a qualsiasi tipo di violenza. Chi di noi qui in Russia ha lottato per la legge contro la violenza domestica e per i diritti di chi ha subito violenza sessuale e molestie ha ben chiaro che questa guerra e questa violenza sono la continuazione della violenza domestica cui abbiamo assistito e contro cui abbiamo sempre lottato. La guerra è in corso da otto anni, anche se con dinamiche totalmente diverse, ma la guerra non è un evento definito con una fine e un inizio, la guerra è il culmine o l’apice della violenza patriarcale che stiamo vivendo. Per noi femministe è evidente che questa guerra è parte di quella stessa violenza contro cui abbiamo lottato e contro cui continueremo a lottare.
I corpi delle donne sono esposti alla violenza della conquista, ma c’è anche una dimensione simbolica in questa guerra. Putin sta punendo l’Ucraina perché vuole essere libera, come un padre o un marito punirebbe una figlia o una moglie che vuole essere libera.
Sono completamente d’accordo. Putin si è costruito il personaggio di capofamiglia, di patriarca e la guerra ha intensificato questo processo. Il suo gesto più cinico è l’aver premiato i soldati che erano a Bucha. Che cosa significa? Significa: «sì, abbiamo agito così e ne siamo orgogliosi». Ciò rende ancora più esplicita la logica della punizione che vi sta dietro, persone che sono assolutamente innocenti vengono punite con lo stupro, la tortura e la violenza spietata ‒ la propaganda russa la definisce pulizia. È la punizione per tutti coloro che sono più liberi di quanto Putin vuole che siano. Putin ha questo stesso comportamento anche in politica.
Anche le donne che fuggono dalla guerra, una volta attraversati i confini dell’Ucraina, vanno incontro alla violenza patriarcale, alle restrizioni sull’aborto e simili. Siete in contatto con le altre donne che si trovano all’estero?
La guerra evidenzia il sistema patriarcale in cui viviamo in tutte le sue forme. Ci sono strutture informali di supporto per le donne ucraine che hanno bisogno di abortire, anche all’estero, in Polonia ma anche in altri paesi dove non è per niente facile abortire se non si ha il permesso di soggiorno permanente o un’assicurazione sanitaria. Oltre all’aborto, le donne si trovano anche di fronte al pericolo della tratta, stiamo lavorando anche su questo. Stiamo cercando di cooperare con diverse organizzazioni per fornire, dove necessario, materiali in ucraino e in russo per aiutare le donne a evitare la tratta e lo sfruttamento sessuale. Molte delle ONG semplicemente non sono consapevoli dei problemi… ma come è possibile? Collaboriamo con organizzazioni in Polonia e Bielorussia per diffondere informazioni in merito.
Tornando alla Russia, quali altri forme di protesta ci sono lì?
Ci sono tipi vari tipi di proteste. Alcuni gruppi professionali che in passato non hanno mai rilasciato alcuna dichiarazione politica si sono attivati quando è iniziata la guerra. Ci sono state molte petizioni da parte di diversi gruppi professionali: animatori, registi, giornalisti, insegnanti, architetti, scienziati, informatici, musicisti, ecc. Quando le persone si sono rese conto che avevano bisogno di cooperare, di trovare un terreno per un’azione collettiva, e hanno trovato questa possibilità nella loro identità professionale è stato un momento impressionante e promettente. Purtroppo, con l’intensificarsi della censura queste iniziative non sono più state visibili. Anche quando tutti questi gruppi sono scomparsi, è rimasta la Confederazione del Lavoro della Russia (KTR), e anche il sindacato «Teacher», la cui petizione è stata firmata da migliaia di insegnanti. Questo è un fenomeno unico nella storia recente russa ‒ gli insegnanti sono un gruppo molto vulnerabile perché la maggior parte delle scuole sono statali. Un altro gruppo molto attivo è quello degli studenti: stanno portando avanti numerose iniziative e hanno cercato di sostenere le iniziative di altri lavoratori. Per esempio, ieri [il 19 aprile] c’è stato uno sciopero dei tassisti e gli studenti hanno fatto una chiamata per sostenere lo sciopero. Hanno scritto un appello per chiamare i docenti universitari a prendere posizione contro la guerra. Hanno appoggiato l’Anti-War Sick Leave Group con cui stiamo collaborando. C’è dunque una fitta rete di iniziative contro la guerra che agiscono insieme e che hanno diverse tattiche politiche.
Oggi in Russia che impatto hanno le sanzioni economiche sulle persone?
Diverse migliaia di lavoratori si sono dovuti fermare, soprattutto nell’industria automobilistica perché mancano i pezzi. Molte aziende sono chiuse, e secondo il sindaco di Mosca solo nei prossimi mesi ci saranno 200mila disoccupati in più. Mia madre lavora a scuola e sta seguendo la situazione che riguarda la disponibilità della carta, che è in un enorme deficit dal momento che è prodotta con materiali importati dalla Finlandia. Si sta discutendo di cancellare gli esami di Stato a causa della mancanza di carta. Abbiamo problemi anche con le case editrici, ce li avevamo anche prima della guerra, perché il governo ha lanciato un intero progetto di riscrittura dei libri di testo che ha tenuto impegnate tutte le tipografie. Tutta la carta è stata utilizzata per stampare decine di milioni di copie di manuali scolastici. Sono curiosa di sapere se riusciranno a finire di stamparli. Inoltre, l’inflazione sta crescendo. Secondo diversi dati, i prezzi delle forniture di base, come patate, carote, cavoli, cipolle, sono cresciuti dal 40 al 60% in questi pochi mesi. Eravamo già in crisi economica prima che la guerra entrasse nella sua nuova fase, e ora le conseguenze sono ancora più devastanti.
Fai parte della Assemblea permanente contro la guerra, che porta avanti una politica transnazionale di pace. Perché pensi che sia importante un coordinamento transnazionale contro la guerra?
Il nostro obiettivo finale è combattere l’imperialismo e il capitalismo, e non si può fare all’interno delle frontiere nazionali. Sarebbe imprudente costruire qualcosa di nuovo all’interno delle frontiere nazionali. Questa cooperazione transnazionale è essenziale, ed è anche essenziale per condividere tattiche di resistenza e strategie diverse. Ciò che spero è che queste azioni congiunte possano dare a noi attiviste e attivisti russi un potente messaggio anche per coloro che si trovano in Russia: che ci sono persone che sono critiche verso l’Occidente e sono sempre state critiche verso la NATO, ma persino per loro adesso l’imperialismo russo è un problema più urgente della NATO.
Il primo maggio la Permanent Assembly Against the War ha indetto una giornata di azione coordinata: Strike the War! è la parola d’ordine usata per per mostrare le nostre connessioni transnazionali contro la guerra. Come pensate di partecipare e sostenere la giornata d’azione?
Ci uniremo sicuramente allo Strike the War! Transnazionale. Stiamo ancora discutendo le modalità dell’azione: potremmo cercare di occupare le strade e le piazze dando da mangiare ai piccioni, o potremmo cercare di sabotare le celebrazioni ufficiali.