di EAST
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Il network EAST (Essential Autonomous Struggles Transnational) è nato con lo scopo di connettere le diverse lotte in corso ed emergenti su un piano transnazionale, di discutere e organizzarsi a partire dalla riproduzione sociale come campo di battaglia. Dopo le prime riunioni tra attiviste e lavoratrici, per noi è ora il momento di raggiungere tutte e tutti coloro che vogliano prendere parte a un’iniziativa politica transnazionale, dall’Europa Centrale e dell’Est, lungo i confini dell’Unione Europea – Turchia, Georgia, Ucraina, Bielorussia, Balcani… – così come dall’intero spazio europeo.
L’Europa attuale è costituita da confini di ogni tipo. I confini tra le regioni, tra centri e periferie delle economie regionali e nazionali; le gerarchie sessuali, di razza e di classe devono necessariamente essere affrontati e superati, poiché ci impediscono di unirci e di lottare insieme.
Per questo motivo invitiamo collettivi, sindacati, lavoratrici e lavoratori, attiviste e attivisti a partecipare all’assemblea pubblica online che si terrà domenica 25 ottobre dalle 18.00 alle 21.00.
La pandemia di Covid-19 ha mostrato, più di ogni altra cosa, la profonda interconnessione e le interdipendenze che esistono tra differenti settori e differenti paesi, e in particolar modo tra produzione e riproduzione sociale. Ha evidenziato che per la riproduzione della società e delle nostre vite alcune, specialmente donne e migranti, dovrebbero sacrificarsi, mettere le loro vite in pericolo, riempire le falle di sistemi di welfare sempre più fragili come fosse un compito naturale, sostenere terribili aumenti del carico di lavoro in modo da riconciliare il lavoro dentro e fuori casa, senza ricevere alcun aiuto da parte dello Stato. Ciononostante, nei mesi scorsi, con le loro diverse lotte, donne, migranti, lavoratrici e lavoratori, hanno dimostrato che non accetteranno di perdere il lavoro, la casa, il permesso di soggiorno; che non accetteranno di lavorare di più perché, pur essendo considerati «forza-lavoro essenziale», sono costrette a sopravvivere con salari bassissimi e senza le protezioni adeguate. Hanno inoltre dimostrato la loro volontà di non rimanere in silenzio né di fronte alla violenza che sperimentano tra le mura domestiche e sul luogo di lavoro, né di fronte al razzismo istituzionale e al capitalismo patriarcale.
I paesi dell’Europa centrale e dell’Est condividono un’esperienza comune di drastiche riforme neoliberali, la cui sistematica implementazione nel corso degli ultimi decenni ha posto le condizioni per le terribili conseguenze socioeconomiche della pandemia, e in questi mesi sono stati il teatro di forti proteste. Lo abbiamo visto nella Black Protest contro le limitazioni alla libertà di aborto in Polonia; negli scioperi delle infermiere in Bulgaria; nell’organizzazione delle operatrici e operatori sanitari migranti in Austria; nelle proteste femministe e lgbtqi* contro la violenza di genere in Romania; nelle proteste delle donne migranti in Turchia e in molte altre iniziative. Noi pensiamo che qualsiasi iniziativa transnazionale a livello europeo non possa che partire da queste regioni e da queste lotte se vogliono affrontare le trasformazioni che stiamo vivendo.
L’Unione Europea si basa su un mercato interno di forza-lavoro a basso costo che proviene prevalentemente dall’Est e che viene sfruttata nelle fabbriche, nel settore logistico, nelle costruzioni, nell’agricoltura, che svolge lavoro domestico e/o sanitario necessario a sostenere la produzione e ciò che resta del welfare in Occidente. Non solo l’Occidente dipende dalla svalutazione del lavoro proveniente dall’Est, per lo più svolto da migranti e donne, ma le politiche europee del lavoro e delle migrazioni, improntate al razzismo e allo sfruttamento, hanno un impatto che va ben al di là dei confini dell’Unione Europea, ad esempio in Turchia, Georgia o Ucraina. Muoversi per motivi di lavoro in Occidente sembra spesso essere l’unica possibilità per molte e molti di vivere una vita dignitosa, a causa delle grandi differenze salariali tra le regioni europee. Con o senza il bisogno di un permesso di soggiorno, ciò significa dover lottare contro il razzismo istituzionale, contro l’isolamento e i vincoli della divisione sessuale del lavoro. Lo spazio transnazionale in cui viviamo è attraversato da confini e gerarchie razziste e sessuali che ostacolano la nostra capacità di lottare insieme.
Per affrontare queste sfide, vogliamo allargare la nostra iniziativa e consolidare uno spazio di discussione, come punto di partenza sia per collegare le lotte esistenti sia per accenderne di nuove. Invitiamo a partecipare chiunque voglia combattere contro lo sfruttamento, il razzismo e la violenza maschile a partire dall’Europa centrale e orientale e oltre ‒ donne, lavoratrici e lavoratori, migranti, sindacaliste e sindacalisti, attiviste e attivisti ‒. Vogliamo coinvolgere i sindacati che sono disposti a impegnarsi al di là delle singole vertenze e dei contesti nazionali o locali, tenendo presente i problemi di sindacalizzazione in settori altamente informalizzati come quello del lavoro domestico, di cura e agricolo.
Qual è la vostra esperienza di lotta?
Come individuare e approfondire le connessioni con altre lotte a livello transnazionale?
È possibile iniziare a immaginare insieme, sulla scia degli scioperi globali dei migranti e delle donne, uno sciopero transnazionale del lavoro essenziale?
Ci piacerebbe sentire le vostre risposte a queste domande e altre ancora!
L’incontro si terrà sulla piattaforma Zoom e sarà trasmesso in streaming online sulla pagina Facebook dell’evento. Maggiori informazioni su come partecipare verranno pubblicate sulla stessa pagina.