venerdì , 22 Novembre 2024

Fuori dal palco. L’inutile recita del professor Monti

Fuori dal palcoNon poteva esserci luogo migliore che un teatro per ospitare il prof. Mario Monti in visita all’Arena del Sole di Bologna il 16 giugno. Perché il premier dovrà dare fondo a tutta la sua abilità istrionica (pochina, temiamo) per spiegare cos’è venuto a fare da queste parti, dove da un mese i migranti residenti nelle zone colpite del terremoto chiedono una moratoria sui permessi di soggiorno. Una moratoria immediata che impedisca di cacciare i genitori migranti ora senza contratto di soggiorno, che impedisca ai loro figli nati in Italia di essere travolti dalla barbarie della legge Bossi-Fini oltre che dal terremoto. Hanno chiesto una moratoria e hanno ricevuto dal governo prima fumo negli occhi, poi un gelido silenzio.

Con quale faccia allora si presenta a mani vuote, accompagnato per giunta da una fastidiosa grancassa giornalistica? Con una maschera inespressiva per l’inquietante “neutralità” il prof. Monti si presenterà all’appuntamento. Per tener fede al personaggio, si porterà dietro lavagna e gessetto e inizierà una dotta prolusione su spread, eurobond e riforme necessarie. Senza dimenticare l’equità, che in questi tempi di austerity sta diventando una parola più inflazionata di un marco degli anni Trenta.

Ma che cosa interessa ai migranti dello spread? La corsa a piazzare i titoli in scadenza non ha alcuna valenza per loro. Non c’è accordo in Europa, se non quando c’è da sospendere Schengen e dichiarare guerra ai migranti. La vera scadenza che conta per i migranti si chiama contratto di soggiorno per lavoro. Il ricatto continuo che vivono nei luoghi di lavoro e nelle questure, nei Cie e nelle tendopoli degli sfollati, non ha nulla a che vedere con le manovre speculative della «grande finanza», che grande non potrebbe essere se non si alimentasse dello sfruttamento quotidiano e globale di precarie, migranti e operai.

E cosa se ne faranno degli eurobond precari e precarie? Forse che con gli eurobond verrà ripagato il debito inestinguibile nei loro confronti? Difficile da credere. Più plausibile che i buoni europei verranno «garantiti» da ulteriori misure di aggiustamento strutturale. Che, tradotto dal tecnico all’italiano corrente, niente altro significa se non più precarietà nel lavoro e nei servizi: sfruttamento e messa al valore del welfare come regola aurea.

E, ancora, dovrebbero gli operai ascoltare le rassicuranti parole di Monti sulla «necessaria» riforma del lavoro? Non vengono intaccati i diritti, ma solo privilegi travestiti da garanzie, dice. Ma di questi «diritti» gli operai non sanno che farsene. Perché sanno bene che la precarietà è sempre stata talmente equa da non fare distinzioni tra tipologie contrattuali, tra garantiti e non. Né tantomeno la precarietà si esaurisce in una questione di diritti, perché prima di tutto è una questione di potere. Ci auguriamo allora che il prof. Monti risparmi i modi da imbonitore per qualche segretario confederale capriccioso e scostante. Non sia mai che si ricordi di aver indetto uno sciopero generale qualche tempo fa.

Faccia quindi la sua performance, prof. Monti. Il suo pubblico l’attende ansioso. Insieme a migranti, precarie e operai noi invece non ascolteremo le sue parole, perché non parlano alle nostre condizioni. La sua austerity è contro di noi. La nostra condizione non è rappresentabile né da lei né dai politici che la sostengono. Lei non potrà rappresentarci nemmeno recitando in un teatro. La nostra condizione costituirà sempre la «crisi» che nessuna misura per la crescita riuscirà a risolvere. Stare dalla parte di precari, operaie e migranti è la nostra ricetta contro l’austerity e la crisi che la contiene. Allora, prof. Monti, il sipario lo cali pure da solo. Noi non verremo a teatro a sentirla recitare. Noi non abbiamo intenzione di recitare con lei, perché noi abbiamo più nessuna intenzione di lavorare per lei.


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