di TRANSNATIONAL SOCIAL STRIKE PLATFORM
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Nei magazzini di tutta Europa sono in corso delle proteste dovute al rifiuto, da parte dei manager di Amazon, di adottare le misure sanitarie necessarie al contenimento del COVID 19. È ormai evidente che Amazon è responsabile di mettere a rischio le vite di decine di migliaia di persone, i lavoratori e le lavoratrici, le loro famiglie e i loro amici, pur di trarre vantaggio dalla crescente domanda di spedizioni dovuta alla pandemia. Il sogno di efficienza e successo che l’azienda cerca di vendere da anni si è trasformato nell’incubo di un’impresa che sfrutta la tragedia globale in corso in questi giorni.
Ovunque, i lavoratori stanno premendo sui sindacati affinché si muovano in maniera decisa. Da ieri sera i lavoratori del magazzino di Castel San Giovanni (Piacenza), situato in uno dei focolai italiani dell’epidemia, e a partire da oggi anche quelli di Passo Corese (Roma), sono in sciopero perché Amazon non rispetta alcuna delle misure stabilite dall’accordo tra governo e sindacati come condizione per tenere gli impianti aperti. Non ci sono state disinfestazioni, niente protezioni per i lavoratori costretti a lavorare a meno di un metro di distanza l’uno dall’altro, nessun permesso di restare a casa per malattia. Tutto ciò nonostante un lavoratore sia risultato positivo al virus una settimana fa. Solo dopo molte proteste i responsabili del magazzino hanno adottato alcune precauzioni, ridicole e insufficienti, come distanziare le sedie in mensa e segnare con lo scotch per terra la posizione che ogni lavoratore dovrebbe occupare. Molti hanno chiesto di ridurre le vendite ai soli beni di prima necessità e di riorganizzare i turni in modo da limitare i contatti, a patto che l’azienda si faccia carico di pagare chi resta a casa per la riduzione delle ore di lavoro. Invece, Amazon sta aumentando esponenzialmente i propri guadagni arrivando ad assumere lavoratori temporanei per far fronte all’aumento degli ordini. Per descrivere l’attuale carico di consegne, i corrieri che lavorano per Amazon paragonano questo periodo al Black Friday. Sono annunciati scioperi anche in Piemonte e a Roma per gli stessi motivi: anche lì Amazon si rifiuta di mettere in campo anche solo un minimo pacchetto di sicurezza per i lavoratori. A Padova i corrieri non hanno gli strumenti di protezione, nonostante si muovano più degli altri lavoratori e siano dunque più esposti al contagio. L’azienda non si fa carico nemmeno di igienizzare il camion all’inizio e alla fine della giornata lavorativa. Le stesse pretese di ridurre il carico di lavoro, i giorni lavorativi e i percorsi da coprire hanno incontrato lo stesso rifiuto.
Questa notte, più di cento lavoratori hanno smesso di lavorare nel magazzino di Lille (Francia) per via della mancanza di misure di sicurezza. Essi hanno denunciato il fatto che le loro richieste di ricevere un compenso per rimanere a casa e salvaguardare la propria salute sono state negate dai responsabili dell’impianto. Intanto, Amazon continua con la propria politica di assunzione di lavoratori temporanei per rispondere all’aumento degli ordini ricevuti, mettendo così ancora più in pericolo tutti i lavoratori. In Polonia, i sindacati hanno mandato una lettera ai responsabili dell’azienda con una serie di richieste. Anche in questo caso, non hanno ricevuto alcuna risposta.
Negli Stati Uniti è stata lanciata una petizione che forzi Amazon ad adottare le misure necessarie in una simile situazione e a pagare tutti i lavoratori costretti a rimanere a casa. Invece che venire incontro alle richieste avanzate da quelle stesse persone su cui si fondano i suoi profitti, Amazon si prepara ad assumerne sempre di più preoccupandosi soltanto di essere all’altezza degli standard di consegna aumentati dal rischio di finire presto in quarantena. La petizione è stata tradotta e sta circolando in Europa, dove da un giorno all’altro è stata sottoscritta da più di 800 lavoratori e lavoratrici polacchi di Amazon. Questo ci mostra come sia possibile unire le forze attraverso i confini per forzare Amazon a rispondere alle richieste dei lavoratori; tutto questo è possibile anche perché da anni i lavoratori di Amazon si stanno organizzando a livello transnazionale, come dimostrato dal Journal del TSS Strike the Giant, in cui sono raccolte molte delle loro voci.
Se a livello del singolo magazzino Amazon può sperare di disattendere le pretese dei lavoratori, che cosa farà quando i lavoratori si rifiuteranno, globalmente, di essere complici delle sue politiche insostenibili? Le mobilitazioni di questi giorni mostrano che ovunque è possibile scioperare per la propria sicurezza. Rispondiamo ad Amazon con la nostra forza transnazionale, Strike the Giant!