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Blockard from Frankfurt #1. Like a demonstrator

17 maggio 2012

Blockard1A Römer Platz rimangono poche tende vuote. A presidiarle ci sono ancora almeno un centinaio di poliziotti e poliziotte vestiti di tutto punto. Quando ci muoviamo verso Untermainkai 68, dove parte dei manifestanti si è data appuntamento dopo gli sgomberi del pomeriggio, passiamo accanto a decine di camionette. Chiude la sfilata un blindato munito d’idrante. Un cordone di polizia impedisce l’accesso al palazzo. Stiamo lì in attesa finché il cordone improvvisamente si scioglie. Il turno è finito, altri arriveranno ma la morsa attorno al centro della città si allenta.

Sono ormai note le informazioni relative ai fermi, ai blocchi dei pullman provenienti dalle altre città della Germania e d’Europa, ai fogli che obbligano coloro che sono stati fermati oggi a stare lontani domani dai luoghi della protesta, pena l’arresto. L’impressione è che qui si sia perso il senso della misura.

Quest’eccesso suscita sdegno, ma anche entusiasmo. Sdegno, perché l’atteggiamento sostanzialmente paranoico delle istituzioni di fronte alla mobilitazione transnazionale sembra trasformare questa tre giorni in un estenuante gioco di forzature, minacce e trattative effimere, che rischiano di fare ombra sulla ricchezza di un lavoro organizzativo che va avanti da mesi. Entusiasmo perché, paradossalmente, i blocchi hanno avuto successo al solo essere annunciati. Mercoledì il centro finanziario della città si è fermato e domani potrebbe accadere lo stesso. La repressione preventiva messa in scena a Francoforte tradisce paura. Una paura tale da non permettere nemmeno di parlare, da impedire qualsiasi manifestazione critica al potere delle banche, che a Francoforte è visibile e reale. Non sia mai che milioni di precarie, migranti e operai, non solo le migliaia accorse in questa città dal resto d’Europa, possano vedere che quel potere è come un grattacielo costruito su fondamenta diroccate.

Intanto, il distretto finanziario è deserto. D’altra parte, questo luogo pullula di giorno di quegli individui che in giacca e cravatta portano l’interesse del capitale globale. Forse soprattutto all’alba è possibile vedere quella miriade di lavoratori e lavoratrici – spesso migranti – che più silenziosamente portano avanti l’immensa macchina logistica dei grattacieli. La sera, invece, restano gli homeless. Queste contraddizioni non hanno nulla di eccezionale. Si vedono piuttosto bene, però, laddove la misura è travolta dall’eccesso. Il minimarket cinese a pochi passi dalla Banca Centrale Europea vende birre da quattro soldi e bottiglie di Dom Perignon.

Poco più avanti, alla Stazione centrale, un poliziotto ci ferma e ci impedisce di entrare mentre cerchiamo di raggiungere i palazzi di Bockenheimer Warte, dove si discute della giornata di domani. In questi giorni, a Francoforte, ogni poliziotto ha la possibilità di decidere chi può fare che cosa, e perché. You look like a demonstrator, dice a uno di noi, e tanto basta. Seguendo altri percorsi raggiungiamo il campus universitario e le centinaia di demonstrator che provano a immaginare a loro volta altri percorsi – diversi da quelli programmati – da seguire nei prossimi giorni.

He looks like a demonstrator, ma è un precario come milioni di altri. La loro paura è il nostro entusiasmo.

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