Per un attimo abbiamo pensato che altri si fossero messi a scrivere di∫social al posto nostro. Gli ingredienti del buon di∫social, infatti, ci sono tutti: fatti realmente accaduti, cinismo, amarezza, disprezzo, critica inferocita. Anche le reazioni suscitate sono quelle tipiche del di∫social: fastidio, stupore, rifiuto, sdegno collettivo, risate. Nonostante tutte queste similitudini, però, non si tratta di un di∫social, ma di cronaca vera.
Ma di cosa stiamo parlando? Ci riferiamo al già noto volantino proposto da un’agenzia interinale romena nel modenese, la Work Support Agency, che opera da qualche anno in Italia. Nel volantino, citiamo testualmente, spiegano ai datori di lavori come ridurre i «costi» del lavoro per «superare la crisi». È il «contratto rumeno» la soluzione ai grandi problemi economici dell’Italia: non sai come guadagnare di più e spendere meno? ti scoccia che i tuoi lavoratori usufruiscano dell’indennità per malattia e infortunio? Vorresti vederli soffrire senza che chiedessero un solo centesimo? Credi che TFR stia per Truffa Fraudolenta pro-Romeni e che per tanto sia giusto far si che non ne usufruiscano? Credi sia profondamente ingiusto pagare 14 mesi di lavoro quando, lo sanno anche i bambini, in un anno ce ne sono solo 12? Sei convinto che la contribuzione a fini pensionistici sia un modo di fasciarsi la testa, a spese tue, prima di essersela rotta? Insomma, sei anche tu uno di quei datori di lavoro convinto che i dipendenti debbano solo ringraziare di avere un lavoro mal pagato, precario e pericoloso, perché tanto c’è la crisi? La Work Support Agency, allora, fa il caso tuo. Non solo ti seleziona i lavoratori italiani secondo il principio di «sfruttabilità», ma fornisce anche, per i più esigenti, un servizio di «importazione di manodopera altamente sfruttabile». In altre parole, nel caso la precarizzabilità degli italiani non dovesse rispecchiare la tua sete di profitto, l’agenzia si occupa di creare delle squadre di lavoratori rumeni che vengono poi inviati in Italia a lavorare, ma sotto condizioni contrattuali del paese di provenienza, cosi ogni datore è accontentato. D’altra parte, bisogna anche dire che queste sono le condizioni che le agenzie internazionali di collocamento offrono in molte parti del mondo.
Ovviamente le maggiori cariche istituzionali hanno reagito male alla strategia proposta dalla Work Support Agency, gridando allo sfruttamento e alla precarizzazione del mondo del lavoro, perché il contratto «rumeno» sarebbe peggiore di quello «romano»…no, non è un altro di∫social, per quanto faccia ridere, è vero: rappresentanti statali e dei principali sindacati hanno considerato la proposta scandalosa. Sì, loro, gli stessi del Jobs Act e delle tutele assenti, gli stessi che non hanno alcuna intenzione di eliminare la disparità di trattamento che una legge come la Bossi-Fini continua a riprodurre grazie al legame tra permesso di soggiorno e reddito, trovano indecente la proposta dell’agenzia interinale rumena.
Noi, invece, siamo rimasti spiazzati dalla franchezza. Il lavoratore è una spesa che mette in crisi il profitto crescente dei datori di lavoro, dunque, la soluzione è ridurre ad ogni costo il suo prezzo. Possiamo dire che il Jobs Act aspirasse a traguardi ben diversi? No, in alcun modo, ma continuate pure a indignarvi per il volantino!
Che i sindacati, poi, rimangano scandalizzati, è ancora più strano: per caso non vi eravate accorti dello sfruttamento sui luoghi di lavoro? Quello che diceva il volantino vi sembrava veramente così assurdo? Viene da chiedersi quanta giustizia siete in grado di ottenere, visto che la vostra capacità di cogliere ciò che c’è di ingiusto è cosi sporadica ed evenemenziale.
Anche Mamma Europa, però, ha le sue belle responsabilità. È tra le sue normative e le sue prassi che queste pratiche possono trovare legittimità o quanto meno, libertà d’azione. Un’Europa unita nello sfruttamento dei suoi lavoratori, un’Europa che permette ai suoi Stati membri di adottare manodopera migrante alle condizioni contrattuali più misere. In questo quadro, la previdenza sociale e più in generale le espressioni concrete di un welfare ormai decrepito e mutilato, divengono più che mai accessorie. Basta con l’idea che il benessere sociale debba essere collettivamente sperimentato, basta con queste pratiche obsolete e familistiche chiamate tutele e soprattutto basta con l’idea che un lavoratore qualunque possa esigere una liquidazione, se quando non ce n’è più bisogno viene mandato via. Per tutto questo e altro ancora Work Support Agency, in collaborazione con l’Unione Europea e lo Stato italiano, lavorano per noi e per farlo non ci chiedono nemmeno di pagargli i contributi.