di FERRUCCIO GAMBINO e DEVI SACCHETTO
Introduzione a Pun Ngai, Cina, la società armoniosa. Sfruttamento e resistenza degli operai migranti (Milano, Jaca Book, 2012).
A Tian Yu, lavoratrice a Shenzhen, che conosce il lato oscuro del mercato mondiale.
Questo libro è un esercizio di avvicinamento a una condizione umana che in occidente è più rimossa che sconosciuta. In particolare, la discussione delle tendenze in atto nella Cina attuale sembra una foglia composta, della quale si fatica a leggere la nervatura che l’alimenta, ossia il sistema cinese della residenza. Dai primi anni 1950 tale sistema (hukou) ha separato la popolazione rurale da quella urbana in termini economici e politici dividendola orizzontalmente in due classi di cittadinanza, di cui quella inferiore era in larga misura, anche se non completamente, bloccata nelle campagne. Con la svolta del 1978, l’esodo di giovani dalle campagne verso le città ha assunto proporzioni bibliche, ma lo statuto di quanti hanno lasciato e lasciano i villaggi è rimasto perlopiù quello del «lavoro migrante rurale». È questo flusso verso le periferie industriali che ha innervato la trasformazione cinese degli scorsi trent’anni. Tuttavia in occidente esso è stato sovente considerato come uno – e talvolta ovvio e secondario – tra i tanti ed eterogenei fattori del megatrend. È così capitato durante il trentennio scorso di dover ascoltare il ritornello della classe operaia come una specie in via di globale estinzione, mentre era snobbata la maggiore migrazione non coatta della storia umana e il principale fenomeno sociale di questi tempi, ossia lo spostamento dalle campagne alle città di circa 200 milioni di cinesi che si avviavano al lavoro salariato. Su un miliardo e 300 milioni di abitanti, i 200 milioni di lavoratori migranti rappresentano un gruppo politi-camente minoritario e tuttavia essi detengono una posizione economicamente strategica. Dalle file di questi migranti proviene la gran parte dei 16-17 milioni di occupati/e da capitale straniero, che costituiscono la punta di diamante dei profitti che le imprese d’oltremare estraggono non solo in Cina ma nel mondo. Gli scritti qui raccolti intendono esporre la situazione di gran parte di questi migranti che sono trattati come cittadini di seconda classe, pur vivendo e lavorando di fatto accanto a coloro che godono della residenza legale nelle città e dei servizi pubblici che ne derivano. Troppo spesso il lavoro dei discriminati è liquido ma le spine da cui zampilla restano invisibili. È su questo lavoro vivo che l’economia mondiale continua a battere il suo ritmo profondo…continua a leggere.
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