martedì , 21 Gennaio 2025

Costruire contropotere, cogliere le opportunità. IL in transizione

di INTERVENTIONISTISCHE LINKE

Traduciamo un contributo di Interventionistische Linke (IL), con cui nel 2015 abbiamo condiviso il percorso Blockupy e più recentemente della TSS Platform. A partire dalle difficoltà che il movimento ha incontrato negli ultimi anni, in particolare dopo la pandemia e l’inizio della guerra, questo testo si propone di avviare un confronto aperto e critico per ripensare le strategie e le prospettive di lotta nella fase attuale, segnata dall’ascesa delle destre, dal militarismo e dalla guerra, riconoscendo nella dimensione transnazionale un terreno cruciale per l’organizzazione. Riteniamo quindi che questo contributo – che a fine gennaio discuteremo insieme ai compagni e alle compagne di IL e di cui è possibile leggere la versione completa in inglese o in tedesco a questo link – sollevi questioni di interesse anche per il movimento italiano.

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La continua ascesa del fascismo, l’intensificarsi della crisi climatica e una nuova era segnata dalla guerra e dalla militarizzazione: il mondo sta subendo cambiamenti drammatici e inquietanti. Questa policrisi sta avendo un pesante impatto sulla sinistra. Quando abbiamo iniziato il nostro percorso, ci siamo ispirati a un mondo di rivolte e di speranza, modellando su questo le nostre strategie e tattiche. Mentre alcuni di questi approcci possono aver dato risultati, altri sono stati insufficienti ed entrambi hanno dovuto scontrarsi con la mancanza di cambiamenti tangibili e materiali.

Allo stesso tempo, la sinistra sembra essere entrata in uno stato di paralisi. Sulla scia della pandemia, molti movimenti sono diventati silenti, i gruppi di base si sono dissolti o – come nel contesto tedesco – hanno riposto le loro speranze in un governo di centro-sinistra che non ha ancora mantenuto le sue promesse di cambiamento. A livello transnazionale, vediamo situazioni simili: frammentazione, stanchezza e una crescente disconnessione rispetto all’urgenza delle crisi che si stanno dispiegando intorno a noi.

Eppure, mentre le difese del sistema capitalistico si irrigidiscono, la necessità di un cambiamento significativo non è mai stata così pressante. Questo paradosso – una sinistra paralizzata di fronte alla marcia implacabile del capitalismo – richiede una risposta critica. Ora più che mai, vediamo la necessità di unirci ai nostri compagni e alle nostre compagne per affrontare insieme queste grandi sfide.

Le pagine che seguono sono una sintesi del documento che abbiamo pubblicato [trovate il testo completo in inglese e in tedesco], un punto di partenza per discussioni più ampie e analisi più approfondite. Non fornisce risposte, ma si propone di offrire una cornice dentro cui avviare il dialogo. Non pretendiamo di avere tutte le soluzioni, né di proporre un’agenda fissa. Lo consideriamo invece l’inizio di un processo collettivo, un invito a riunirsi per riflettere sulle crisi che caratterizzano il nostro mondo e riorientarsi in mezzo a esse. Questo documento è il risultato di un lungo processo di discussione e scrittura. È stato scritto prima della caduta del governo tedesco e alcune cose potrebbero già sembrare superate. La situazione cambia continuamente e abbiamo bisogno di nuove risposte a nuove domande.

Sappiamo che non possiamo affrontare queste difficoltà da soli. Per questo motivo pubblichiamo questo documento sul sito della TSS Platform. Soprattutto in questa fase, il dialogo transnazionale ci offre un’opportunità unica: superare i confini nazionali per individuare e mettere in connessione sfide, strategie e solidarietà. Trovando un terreno comune al di là delle frontiere, possiamo rafforzare la nostra capacità di affrontare le crisi che abbiamo di fronte e di immaginare insieme nuove possibilità.

Questo non è solo un momento di riflessione: è l’inizio di un processo. Ci auguriamo che vi unirete a noi e che condividerete impressioni e critiche per dare forma a questo viaggio insieme.

  1. A dieci anni dalla nascita di IL, il mondo è cambiato in modo significativo, e così la sinistra radicale. Dopo anni di forti movimenti politici, assistiamo a una paralisi della sinistra, anche all’interno dei nostri ranghi. Le nostre strategie e tattiche non sembrano più adatte al mondo in cui viviamo. Pertanto, dobbiamo rivalutare la nostra analisi, la nostra strategia e le nostre tattiche per continuare a lottare.

Il nostro obiettivo è sempre stato quello di uscire dalla bolla ed entrare nel cuore dei conflitti sociali. IL ha iniziato il suo lavoro con questa ambizione quasi 20 anni fa. Abbiamo cercato di costruire una sinistra radicale inserita nella società: essere visibile e avvicinabile, lottare per l’egemonia politica e organizzare il contropotere.

Oggi, IL è una delle più grandi organizzazioni della sinistra radicale nel contesto di lingua tedesca. Da un’associazione di gruppi locali, ci siamo trasformati in un’organizzazione interregionale basata sui principi della democrazia diretta. Tuttavia, le attuali prospettive per il futuro sono fosche e la sinistra è sulla difensiva in molte parti del mondo.

In questo momento abbiamo bisogno di un’alternativa di sinistra che offra speranza e direzione. È quindi giunto il momento di rivalutare le nostre strategie e le nostre pratiche. Abbiamo riflettuto su molte questioni e ne abbiamo discusso a lungo. Tuttavia, molte delle nostre discussioni sono ancora in fase iniziale. Questo documento rappresenta i risultati dei nostri dialoghi fino ad ora.

Chi cerca qui risposte facili rimarrà deluso. Sarebbe troppo riduttivo pensare a un nuovo riformismo che, di fronte allo slittamento verso destra e alla crisi climatica, si limita ad affrontare ciò che le attuali istituzioni riescono a gestire. Anche un superficiale ritorno alla classe operaia – un approccio che spesso si trasforma in dogmatismo e autoritarismo – è troppo semplicistico. Lo stesso vale per una politica dell’identità che si concentra rigidamente sulle identità anziché metterle in discussione, offrendo poco stimolo alla lotta collettiva per un mondo migliore. Al contrario, vogliamo essere una sinistra radicale che continua a sostenere la possibilità di un cambiamento complessivo, anche in tempi bui. Una sinistra radicale organizzata e radicata nella vita quotidiana, capace di riconoscere le opportunità e di coglierle con determinazione, che trasformi le piccole fratture in grandi rotture e che abbia il coraggio di accettare la scommessa della rivoluzione. Teniamo fermamente a questa aspirazione e a questa promessa. Per questo ci organizziamo.

L’organizzazione ci consente di superare il senso individuale di impotenza e promuovere l’autoemancipazione. Essa crea nuove forme di connessione collettiva, indispensabili per immaginare e costruire una società che vada oltre la competizione capitalistica. Attraverso l’organizzazione, ci solleviamo dal caos del presente e ci mobilitiamo per un futuro migliore. La speranza non può essere imposta dall’alto; essa nasce dalle rivolte, dalle lotte e dai movimenti che emergono dal basso. Black Lives Matter, #NiUnaMenos e Fridays for Future sono movimenti globali contro condizioni intollerabili. Le loro proteste hanno attirato tantissime persone nell’ultimo decennio. Molte lotte non trascendono i confini nazionali, ma sono simili nella forma e nel contenuto. I movimenti di oggi condividono anche un tema comune, sebbene sia difficile da definire con precisione: ovunque, le questioni della vita e della sopravvivenza sono in primo piano.

  1. Il mondo è diventato un luogo di crisi sovrapposte, tutte accomunate dalla lotta per la sopravvivenza. In risposta a queste crisi, assistiamo all’ascesa di Stati autoritari e militaristi, guidati sia da partiti apparentemente progressisti sia da forze antidemocratiche di destra. Tuttavia, nessuno di questi approcci offre soluzioni concrete e praticabili. Paradossalmente, il potere si è ulteriormente consolidato all’interno degli Stati centrali, mentre il capitalismo ha normalizzato la propria esistenza. Nonostante ciò, le crepe e le linee di frattura all’interno della produzione capitalista permangono, lasciando spazio al potenziale per ampliare queste rotture.

Guerre, pandemia, crisi climatica, povertà, disuguaglianze sociali crescenti, ascesa delle destre e crisi della riproduzione sociale: viviamo in un’epoca di crisi permanenti. La crisi climatica minaccia i mezzi di sussistenza di tutte le società umane. L’instabilità ecologica e la disuguaglianza sociale si sono intensificate di conseguenza, insieme all’aumento della violenza, dell’esclusione e dell’isolamento. Ciò ha un impatto profondo sulla politica di sinistra e della sinistra radicale.

Contemporaneamente, le guerre – come l’aggressione della Russia all’Ucraina o il conflitto a Gaza – minacciano la vita di milioni di persone. La rivalità geostrategica tra Stati Uniti e Cina, attualmente condotta come una guerra economica, ha un potenziale di escalation globale. L’illusione di un’era di pace è andata in frantumi.

Il capitalismo convenzionale funziona in maniera sempre meno efficace: ampie porzioni di capitale globale non possono più essere investite con profitto nei mezzi di produzione. Di conseguenza, il capitale si dirige verso nuove aree di investimento nei mercati finanziari, anche se non si è ancora sviluppato un nuovo regime di accumulazione praticabile. In questo contesto, il capitale si orienta sempre più verso la privatizzazione della terra e delle risorse e verso la finanziarizzazione di settori essenziali alla vita quotidiana, come la casa, la sanità, i servizi di assistenza, la sicurezza sociale per gli anziani e la comunicazione digitale. Questa tendenza sta escludendo un numero crescente di persone dall’accesso ai beni essenziali, come acqua potabile, assistenza sanitaria e cibo. Di conseguenza, l’impoverimento, la fame e la migrazione stanno aumentando a livello globale.

La classe dirigente risponde in maniera caotica e frammentata alle molteplici crisi globali. Essa oscilla tra sforzi di modernizzazione verde e capitalista apparentemente progressisti, una risposta di facciata alle libertà civili e politiche di destra apertamente autoritarie e fasciste. Nonostante le apparenti contraddizioni, entrambi gli approcci permettono a una ristretta élite di isolarsi, accumulando ricchezza in modo esponenziale, mentre la maggioranza è costretta a sopportare le conseguenze di queste crisi. Tuttavia, nessuno dei due approcci affronta l’evidente contraddizione tra gli interessi del capitale globale e i bisogni fondamentali di sopravvivenza dell’umanità nel suo insieme.

Lo sfruttamento coloniale, le risorse naturali a basso costo e l’estrazione di combustibili fossili hanno reso ricchi e potenti i centri capitalistici dell’Occidente. Questo sfruttamento ha permesso il compromesso di classe che ha preso forma nelle società industrializzate dopo la Seconda guerra mondiale, consentendo ad ampie porzioni della società di partecipare al consumismo e alla prosperità. Ad oggi, il “modo di vivere imperiale” può essere sostenuto solo in una piccola parte del mondo, grazie allo sfruttamento neocoloniale e al consumo sfrenato di risorse e combustibili fossili.

A beneficiarne sono, ovviamente, soprattutto i ricchi e i benestanti, anche se la disuguaglianza sociale all’interno dei centri capitalistici continua a crescere. Molte persone vedono qualsiasi cambiamento come una minaccia al loro stile di vita, anche perché queste trasformazioni tendono a colpire la maggioranza piuttosto che i ricchi. Tale meccanismo pone un ostacolo significativo alla costruzione di un’ampia resistenza contro i regimi di confine, il razzismo istituzionale e gli sforzi per una politica climatica significativa.

  1. Nell’attuale capitalismo neoliberale, due progetti politici in competizione si contendono l’egemonia: un progetto liberale di modernizzazione verde si contrappone a un progetto apertamente autoritario, a volte fascista, radicato nella dipendenza dai combustibili fossili. Mentre il primo cerca di modernizzare il capitalismo attraverso un nuovo regime di accumulazione, il secondo si aggrappa a una struttura sociale più tradizionale sia in termini economici sia socio-politici. In quanto regimi capitalistici e globalmente imperialisti, queste transizioni sono fluide e gli attori politici si muovono spesso tra di esse.

Il progetto del “capitalismo verde” promette di affrontare la crisi climatica attraverso la modernizzazione ecologica, creando al contempo nuove opportunità di profitto. Secondo questa logica, i modi di produzione e gli stili di vita capitalistici potrebbero essere sostenuti a lungo termine, preservando le risorse ecologiche.

Al centro di questa falsa promessa c’è l’idea di disaccoppiare la crescita economica dal consumo di risorse attraverso il progresso tecnologico e la ristrutturazione ecologica. Di conseguenza, la modernizzazione verde non ha bisogno di ignorare o negare la crisi climatica, come fa la destra e viene dunque sostenuta da istituzioni internazionali come l’ONU, l’OMC e l’UE.

Nei centri capitalistici dell’Europa occidentale e del Nord America, la modernizzazione verde si allinea strettamente al neoliberalismo “progressista”. Ottiene sostegno soprattutto attraverso politiche del riconoscimento che riprendono elementi delle richieste dei movimenti sociali, ma li diluiscono e li reinterpretano per adattarli alla logica capitalistica. Il capitalismo moderno si presenta quindi come difensore delle libertà individuali e dei valori liberali, che sostengono l’immagine del blocco verde-progressista. Dentro questo quadro, la difesa dei valori liberali e delle presunte politiche progressiste rimane però superficiale. In definitiva, il capitalismo e il modo di vivere imperialista non possono esistere senza rigidi confini, disuguaglianza razziale, militarizzazione e repressione, resi ancora più pressanti dalle inevitabili conseguenze della crisi climatica.

Al contrario, i conservatori, gli integralisti del mercato e persino le forze di destra e fasciste hanno formato un progetto di destra distinto. Questa coalizione, con formazioni diverse a seconda del Paese, compete ferocemente con il progetto progressista-verde per il predominio. In Germania, questo spostamento ha preso pienamente piede con il successo elettorale dell’AfD e lo spostamento a destra della CDU sotto l’attuale leader Friedrich Merz.

Nonostante le crisi dilaganti e la crescente insicurezza, il progetto di destra promette stabilità sostenendo l’isolazionismo, la negazione del cambiamento climatico e la conservazione dei privilegi patriarcali. Per sostenere questa falsa promessa di stabilità, vengono deliberatamente mobilitati e intensificati pregiudizi razzisti, sessisti, antisemiti e anti-queer di lunga data. Nei media tradizionali e nei social media, la destra si presenta come una forza resistente e decisa. Trae vantaggio dall’adozione di narrazioni di destra in gran parte dei media e del panorama politico, normalizzando così la sua ideologia.

I neoliberali e gli attori di destra condividono più di un’occasionale sovrapposizione ideologica; la loro cooperazione va oltre le alleanze temporanee. Ciò è stato particolarmente evidente durante il movimento “Querdenker*innen” (un’ampia coalizione di critici che inizialmente protestava contro le misure della COVID-19 e che in seguito ha incorporato l’opposizione alla politica “woke”; tradotto letteralmente, il termine significa “pensatori laterali”). In questo caso, l’ideologia neoliberale ha preso una piega autoritaria: l’individualismo estremo e una concezione egocentrica della libertà hanno dato origine all’aggressività nei confronti della solidarietà collettiva. In questo modo, la coalizione diffusa di libertari autoritari e cospirazionisti ha ampliato la base del progetto di destra. Inoltre, i fondamentalisti religiosi hanno rafforzato in modo significativo le loro reti negli ultimi anni, stringendo sempre più alleanze con segmenti del blocco di destra.

La minaccia rappresentata dal progetto autoritario della destra inizia molto prima di qualsiasi coinvolgimento formale dell’AfD nel governo. Le fantasie di violenza razzista, antisemita, misogina e transfobica non rimangono confinate nel mondo virtuale, ma sfociano in una violenza reale e spesso letale. Lo hanno tragicamente dimostrato gli omicidi di Halle nel 2019 e di Hanau nel 2020. Le figure autoritarie di destra continuano a trovare un punto d’appoggio all’interno della polizia, dei servizi di intelligence e delle forze armate, che rimangono infarcite di razzismo e di estremismo di matrice nazista. Le reti di destra esistono ancora all’interno dell’apparato di sicurezza tedesco, che non è mai stato completamente de-nazificato, rappresentando una minaccia significativa soprattutto per i e le migranti. Non ci si può affidare esclusivamente allo Stato per contrastare le strutture di destra, poiché esso interviene raramente, a meno che non venga messo direttamente in discussione il suo monopolio della forza. Sarebbe quindi necessario un forte movimento antifascista per spingere lo Stato ad agire.

  1. Per quanto significativa possa essere la policrisi, il nostro obiettivo rimane la rottura rivoluzionaria.

Siamo spinti dalla rabbia quotidiana contro le strutture oppressive del capitalismo e dal desiderio di un mondo che offra a tutte e tutti una vita migliore. Un mondo del genere non può esistere senza l’abolizione della proprietà privata capitalistica, lo smantellamento delle strutture di classe e dello sfruttamento e il superamento dell’oppressione e della violenza patriarcale e razzista. Senza una rottura con il capitalismo e la sua logica del profitto, non ci possono e non ci saranno soluzioni solidali alle crisi esistenziali e alle minacce del XXI secolo, né in Germania e in Europa né a livello globale. Una democratizzazione radicale di tutti gli aspetti della vita è necessaria per fermare la distruzione sistematica delle fondamenta della nostra esistenza.

Consideriamo la rivoluzione come un processo attraverso il quale lo Stato borghese e le sue istituzioni vengono gradualmente superati. In questo contesto, la politica parlamentare e le maggioranze possono, al massimo, svolgere un ruolo secondario. Il sistema non può essere modificato in modo sostanziale senza rompere le sue regole, e i tentativi in tal senso sono sempre falliti. Partiti come Die Linke, Syriza e Podemos sono esempi di questo fallimento.

Pur riconoscendo l’importanza dei partiti politici in un progetto egemonico di sinistra e collaborando con loro in lotte e campagne concrete, il nostro obiettivo finale è la costruzione a lungo termine di un potere sociale al di fuori dello Stato attraverso l’integrazione di organizzazioni rivoluzionarie e movimenti sociali.

La rivoluzione trascende il semplice rovesciamento dell’ordine economico e politico esistente, ma comporta profondi cambiamenti nella nostra soggettività e nelle nostre relazioni sociali nella vita quotidiana. Oggi l’individualizzazione neoliberale e l’indifferenza verso la sofferenza in altre parti del mondo sono pervasive. Sembra difficile anche solo immaginare come potremmo determinare le nostre vite in una società libera. Ciò evidenzia l’urgenza di trasformare le nostre relazioni e noi stessi sulla via della liberazione, in modo che l’isolamento, mascherato da sovranità, diventi libertà collettiva fondata sulla solidarietà e sull’interdipendenza.

  1. Pur cercando di riconquistare una posizione più egemonica, dobbiamo riconoscere che la sinistra radicale nei centri capitalistici rimane in posizione minoritaria.

Una delle ragioni dell’attuale crisi della sinistra sociale è l’assenza di contropotere. Noi intendiamo il contropotere come la capacità di interrompere le decisioni e le politiche della classe dominante, attuando al contempo le nostre soluzioni. Ciò richiede la collaborazione tra vari gruppi della sinistra. La pluralità di movimenti e organizzazioni non è un problema che può essere risolto attraverso la leadership di una singola organizzazione.

Sosteniamo il rafforzamento dei movimenti di sinistra nel loro insieme, favorendo le connessioni e la fiducia tra di essi. Il nostro compito, come sinistra radicale organizzata, è quello di sostenere le esperienze del movimento e di elevarle a un nuovo livello. Questo ci distingue dagli approcci individualisti e morali della sinistra, che tendono a concentrarsi sui cambiamenti di comportamenti individuali senza sviluppare una visione collettiva per superare le relazioni di oppressione.

Tuttavia, la sinistra radicale è una minoranza nei centri capitalistici. Questa situazione influisce sul nostro rapporto con il Sud globale e sulla nostra connessione con gli interessi della maggioranza sociale qui, mentre la promessa capitalista di un progresso perpetuo sta mostrando i suoi limiti sulla scia della crisi climatica. Le condizioni materiali necessarie per la giustizia globale stanno diminuendo. Di conseguenza, cresce il desiderio di sicurezza, di autoritarismo e di confini chiusi, proposto dalle narrazioni di destra a scapito delle popolazioni del Sud globale, dei migranti, delle donne, delle persone intersessuali, transgender e non binarie. Diversamente dal progetto di modernizzazione verde o dalle iniziative reazionarie, non promettiamo una crescita infinita della ricchezza materiale o che gli individui possano mantenere inalterato il loro attuale stile di vita. Chiunque lo faccia, inganna sé stesso e gli altri e si schiera (sub)consapevolmente dalla parte sbagliata della barricata. Su questo tema, dobbiamo confrontarci con la società se vogliamo lottare seriamente per la giustizia climatica globale e contro l’ascesa del capitalismo.

Tuttavia, siamo convinti che, anche in queste condizioni, vi siano potenziali linee di rottura e, anche alla luce della nostra condizione di minoranza, non ci ritiriamo in una presunta posizione di sola critica. Le linee di rottura possono essere esacerbate da una politica radicale ma accessibile. La crisi climatica, la pandemia e la guerra mostrano chiaramente che il Nord globale non è più un’isola di stabilità dove la maggior parte delle persone può proseguire la propria vita senza turbamenti. Anche in queste aree si manifestano contraddizioni all’interno del sistema di produzione e delle modalità di vita egemoniche. Anche qui emerge la questione di chi sosterrà i costi di queste crisi. Viviamo nel bel mezzo di una crisi planetaria. In questo contesto, la rivoluzione rappresenta l’unica strada percorribile per garantire una vita dignitosa a tutti. Piuttosto che aderire a giudizi morali, dobbiamo intervenire in modo deciso e radicale. Per farlo, è necessario costruire alleanze con coloro che sono direttamente colpiti dalle crisi e con gli individui che ancora credono nell’umanità e nella solidarietà.

  1. A livello tattico, c’è una forte necessità di costruire nuovi legami con coloro che stanno subendo le conseguenze della policrisi. Trovare il modo di lottare al loro fianco è il nostro compito principale per il futuro, sia attraverso nuove forme di alleanze sia attraverso mobilitazioni di massa come gli scioperi. Non si tratta di chiedere sindacati migliori, ma di politicizzare il movimento dello sciopero e di dimostrare a livello soggettivo che la lotta può avere successo.

La costruzione di alleanze continuerà a essere una parte sostanziale della nostra pratica in futuro. Soprattutto nella Germania orientale e nelle zone rurali, la politica di sinistra è impensabile senza queste alleanze. Di fronte all’ascesa della destra, creare alleanza e solidarietà è una questione di sopravvivenza. Dobbiamo essere capaci di ottenere vittorie contro gli attacchi reazionari e prevenire un ulteriore deterioramento delle condizioni. In futuro, ci proponiamo di valutare i meriti di specifiche alleanze e di ritirarci quando queste diventino fini a sé stesse. Nel frattempo, diverse crisi stanno colpendo un numero sempre maggiore di persone, che si tratti di povertà, siccità o sfollamento causato dalla guerra. Le alleanze tradizionali stanno mostrando i loro limiti nel rispondere a queste sfide. Cerchiamo nuove alleanze e forme di organizzazione che uniscano coloro che sono direttamente colpiti e quelli che sono solidali con loro. Il rifiuto del lavoro rappresenta una potente leva materiale. Gli scioperi di base, condotti con determinazione, possono essere più di una semplice lotta per il salario e condizioni di lavoro. Essi interrompono la normalità capitalistica e possono creare spazi di collettività, politicizzazione e organizzazione. Queste lotte hanno il potenziale di creare legami e promuovere solidarietà concreta. Per estendere questa leva oltre la contrattazione collettiva, dobbiamo sostenere lo sciopero politico come una strategia praticabile nel medio termine.

Insieme ad altre reti e gruppi, negli ultimi anni abbiamo sostenuto e accompagnato le lotte sindacali, ad esempio nel settore sanitario, nei trasporti pubblici e presso Amazon. Abbiamo contribuito alla politicizzazione degli scioperi, ma spesso ci siamo limitati a un ruolo di supporto. I sindacati hanno frequentemente ostacolato questo progresso. Allo stesso tempo, abbiamo cercato di affermare lo sciopero sociale come strumento all’interno dei movimenti sociali, come gli scioperi femministi e quelli per il clima. Sebbene ciò abbia rafforzato l’idea dello sciopero politico all’interno di questi movimenti, la sua concreta attuazione ha avuto poco successo finora. È necessaria una base sociale più ampia affinché gli scioperi politici abbiano un impatto significativo.

Quando il rifiuto e l’interruzione si manifestano in vari settori della società, essi generano un reale potenziale di contropotere che deve essere costruito e unificato. La nostra prospettiva è chiara: vogliamo rafforzare le connessioni tra i diversi movimenti dello sciopero, politicizzare gli scioperi di contrattazione collettiva e consolidare le basi materiali e sociali degli scioperi sociali, dagli scioperi salariali a quelli sugli affitti, fino agli scioperi metropolitani.

  1. In alcuni settori, osserviamo che le esigenze delle masse si allineano con i nostri interessi politici. Ne sono un esempio gli sforzi di socializzazione per combattere la crisi abitativa e le iniziative per affrontare la crisi climatica. In questi casi, crediamo che tattiche più aperte e potenzialmente militanti siano destinate a essere riconosciute, portando a interruzioni materiali tangibili.

Le azioni di disobbedienza di massa sono state e continuano a essere una componente centrale della nostra pratica. Sottolineiamo l’importanza di articolare apertamente le nostre azioni e portare avanti i nostri impegni, incoraggiandoci reciprocamente a impegnarci in lotte resistenti e radicali senza farci intimidire dallo Stato e dalle sue istituzioni. Siamo in grado di realizzare questa ambizione: la disobbedienza di massa si è affermata come pratica indipendente all’interno di molti movimenti sociali.

Tuttavia, gli ultimi anni hanno anche rivelato i nostri limiti. La natura periodica delle azioni ha portato alla loro ritualizzazione, rendendole più facili da controllare e, di conseguenza, riducendo il loro impatto. L’attenzione al discorso e il desiderio di espansione hanno avuto un impatto sulle possibilità di radicalizzazione, ostacolando la formazione di soggettività resistenti. Di conseguenza, le azioni si sono trasformate in coreografie su larga scala, limitandosi a blocchi e presidi e ritenendo sufficiente la buona riuscita di queste iniziative.  Cerchiamo di eliminare questa restrizione alla nostra capacità di agire.

Concordiamo sulla necessità di trasformare le nostre azioni per interrompere in maniera più diretta l’operatività delle aziende e della vita quotidiana. Ciò significa anche ampliare il nostro repertorio di disobbedienza civile di massa al di là dei blocchi. In questo contesto, la scelta delle tattiche non può prescindere dalle condizioni sociali e di potere dentro cui quste si inseriscono. Nel selezionare gli obiettivi e nell’affermare la nostra legittimità, puntiamo sulla comunicabilità di quel che facciamo. Tuttavia, questo non significa che dobbiamo accontentare tutti. Dobbiamo invece creare nuovi legami tra diversi livelli e forme di azione, creare spazio per il nuovo e l’imprevedibile, sviluppare soggettività militanti, guidare la radicalizzazione delle lotte sociali e migliorare la nostra capacità di azione a lungo termine. Non vogliamo più stare semplicemente seduti davanti alle centrali elettriche o alle fabbriche mentre la catastrofe capitalista continua. Insieme alle masse, dobbiamo distruggere, appropriarci e smantellare.

  1. Riconoscendo la portata globale della crisi e il ruolo che la politica tedesca svolge al suo interno, la lotta transnazionale diventa essenziale, senza trascurare gli aspetti locali delle nostre lotte. La nostra analisi e la nostra strategia non possono essere complete senza incorporare le prospettive delle nostre compagne e dei nostri compagni su scala transnazionale e di quelli del Sud globale. Rivoltarsi contro le strutture globali della disuguaglianza non è solo un atto di solidarietà, ma un’urgenza da portare avanti a partire dalla nostra posizione che si colloca “nel cuore della bestia”. Non abbiamo ancora definito pienamente il nostro ruolo in questo contesto, ma restiamo aperti e disposti a imparare insieme ai nostri compagni e alle nostre compagne che si muovono nella dimensione transnazionale.

In un sistema globale di sfruttamento e oppressione, la lotta di liberazione deve essere altrettanto globale. Da una prospettiva decoloniale, cerchiamo di imparare dalle lotte di tutto il mondo, mettendo in discussione e superando i confini nazionali delle nostre azioni politiche. In particolare, desideriamo relazionarci con le rivolte e i progetti rivoluzionari, come le strutture autogestite della Siria settentrionale e orientale (Rojava) e la regione zapatista. Il ruolo distruttivo della Germania è evidente: da un lato, fornisce armi e conduce missioni militari per sostenere le dittature, dall’altro, distrugge i mezzi di sussistenza nel Sud globale e nell’Europa meridionale attraverso il suo modello economico e le politiche di crisi europee. Siamo consapevoli che ribellarsi a questa devastazione imperiale e organizzare la più ampia resistenza possibile non è solo un atto di solidarietà. Siamo nel cuore della bestia, il che comporta una particolare responsabilità e il potere di agire.

Le nostre analisi e strategie sarebbero incomplete senza superare le nozioni eurocentriche e integrare le prospettive dei nostri compagni e delle nostre compagne del Sud globale. È nostro compito, come sinistra organizzata e radicale, creare spazi di negoziazione e riflessione critica e solidale. Inoltre, dobbiamo considerare come fornire risorse e sostegno pratico ai processi di organizzazione, in particolare quando i nostri compagni dell’Europa orientale creano alleanze transnazionali e femministe in condizioni avverse – non come un atto di carità, ma come un mezzo per posizionarci all’interno di queste lotte. La crescita del contropotere locale è vitale per un progetto di egemonia di sinistra, sia a livello globale che locale. La questione non è se il focus debba essere internazionale o locale: queste dimensioni sono inseparabili. Il capitale opera al di fuori dei confini nazionali e le relazioni di sfruttamento sono transnazionali. Lo stesso vale per l’emergere di fratture e linee di rottura all’interno del sistema capitalistico.

Le proteste contro la crisi e le politiche di austerità europee sono state un’esperienza importante per noi. Nel contesto di Blockupy, abbiamo combattuto per le nostre lotte a livello europeo. Tuttavia, non siamo riusciti ad avviare un processo di organizzazione più d’impatto e transnazionale nel quadro della Comune d’Europa. Una ragione significativa di ciò è stata che le nostre determinazioni politiche sono rimaste a livello nazionale e l’internazionalismo è stato spesso considerato come una semplice solidarietà nord-sud. In questo periodo è stata fondata anche la piattaforma Transnational Social Strike (TSS). Nonostante la fine delle mobilitazioni di quel periodo, il TSS è riuscito a mantenere una struttura transnazionale. È qui quindi che ci connettiamo a molti dei nostri ex compagni e a nuove compagne, che vivono e lottano principalmente in Europa ma anche in altre parti del mondo. Vogliamo costruire dei collegamenti tra le nostre lotte e impegnarci in una politica transnazionale nei prossimi anni. Vogliamo anche stringere legami più stretti con coloro che si pongono le nostre stesse domande e che condividono con noi un’intesa politica. Inoltre, rafforzeremo e intensificheremo i nostri processi di dialogo e scambio di idee con i nostri compagni e le nostre compagne del movimento di liberazione curdo, che già operano su scala transnazionale.

Maggiori informazioni: https://interventionistische-linke.org e https://blog.interventionistische-linke.org

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