giovedì , 21 Novembre 2024

Il collasso argentino

di Cecilia Abdo Ferez

Il governo Milei in Argentina continua la sua lotta contro lavoratori pubblici e privati, nativi, poveri, donne, migranti, ricercatori e accademiche, nel nome di una “libertà che avanza” come un caterpillar schiacciando salari, risparmi, diritti sociali e servizi pubblici. Libertà diventa così il nome di una dittatura del mercato globale che neppure alcuni settori del padronato argentino (soprattutto quelli legati ai finanziamenti pubblici) sembrano in grado di sostenere, e che finisce per produrre la devastazione di un tessuto sociale già molto provato dalla pandemia, dall’inflazione e dal debito pubblico e privato. E tuttavia, come ci racconta in questo intervento Cecilia Abdo Ferez, studiosa di filosofia politica del CONICET, il  progetto anarco-capitalista di Milei, corredato da un’operazione di revisionismo della memoria degli anni della dittatura militare, fatica a raggruppare attorno ai suoi primi atti di governo il consenso di un parlamento frammentato (pochi giorni fa il Senato ha bocciato il Decreto di Necessità e Urgenza del governo) e di una classe politica che rispecchia lo sconcerto degli elettori. Del resto, i freni posti al nuovo presidente, impegnato nell’improbabile realizzazione dell’utopia libertaria di Rothbard e Friedman, rispondono anche a mobilitazioni sociali che sin dall’elezione di Milei hanno protestato contro un progetto neoliberale e autoritario che ambisce a radere al suolo le conquiste politiche e sociali accumulate dalla crisi del 2001 a oggi. In forma spontanea e organizzata, con cacerolazos e due scioperi di massa – quello generale convocato dalla CGT il 24 gennaio e quello femminista dell’8M – sindacati, lavoratori formali e informali, donne, migranti, studenti, queer stanno dando voce al rifiuto di affidarsi al mercato e alle sue gerarchie pretendendo una libertà politica, sociale e collettiva contro quella individuale e meramente economica promessa da Milei.

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L’Argentina sta vivendo un esperimento politico nel bel mezzo di una crisi strutturale: una crisi del debito estero e una crisi sociale, economica e politica. Solo due mesi fa, il Paese ha eletto al ballottaggio come presidente e vicepresidente la coppia Javier Milei e Victoria Villarruel a scapito di quella peronista composta da Sergio Massa e Agustín Rossi. Milei è il leader di un gruppo politico fondato appena tre anni fa, chiamato La Libertad Avanza (LLA). La rapidità con cui arriva al potere potrebbe renderlo paragonabile ad altri casi (ad esempio, quello di Fratelli d’Italia), con l’eccezione che lo stesso Milei prima d’ora non ha mai fatto politica o ricoperto incarichi dirigenziali. Arriva alla presidenza, infatti, con la denuncia della “casta” politica e con un tono marcatamente da outsider e antipolitico. Questo tono di sfida a ciò che è stato fatto prima di lui e la stanchezza radicale nei confronti di un governo come quello di Alberto Fernández e Cristina Fernández de Kirchner, che non è mai riuscito a rimettere in carreggiata il Paese dopo la pandemia e ha mostrato alti livelli di litigiosità interna, hanno deciso le elezioni in suo favore.

Milei è un economista di professione e un assiduo frequentatore dei mass media. Dopo aver ottenuto il 38% dei voti al primo turno, ha vinto il ballottaggio grazie al sostegno del centrodestra dell’ex presidente Mauricio Macri e, in particolare, della sua candidata alla presidenza, Patricia Bullrich (oggi ministro della Sicurezza). Ma questa alleanza è attualmente in dubbio. La vicepresidente Villarruel, avvocata, è un’attiva sostenitrice degli ambienti militari legati alla dittatura degli anni ’70[1]. Cerca di avere una propria agenda ed è pronta a succedergli nella carica se ce ne fosse l’occasione.

L’esperimento politico consiste nell’aver votato un presidente che si dichiara anarco-capitalista. Potrebbe essere un’affermazione assurda e incoerente, una delle tante che si possono fare in una campagna politica, ma Milei lo è davvero. Seguace delle idee libertarie di Milton Friedman, Friedrich von Hayek e Murray Rothbard, Milei le radicalizza e descrive lo Stato (di cui occupa il vertice) come una “banda di criminali”, il Congresso Nazionale come una “tana di topi” e di “corrotti”, i governatori delle province come “degenerati fiscali”, e così via[2]. Non lo ha fatto solo in campagna elettorale, lo fa anche da presidente, sia quando rilascia interviste, sia attraverso il suo coinvolgimento molto attivo sui social network come X[3]. Per questo motivo, alla crisi sistemica del Paese si aggiunge, in questi giorni, una crisi politica prodotta all’interno, che rende molto difficile prevedere cosa accadrà con un governo di minoranza (Milei ha 38 deputati al Congresso, su un totale di 257, e 7 senatori, su un totale di 72) che non negozia, né indica interlocutori validi[4]. Un governo ridotto a gestire un risicato gruppo di fedeli , con la leadership di Milei che deve fronteggiare costanti conflitti e si limita alla comunicazione diretta con la sua base di sostegno, attraverso i social network[5].

Il punto di svolta di questi due mesi di governo è la presentazione di due atti legislativi. Il primo, un Decreto di Necessità e Urgenza, che è, appena stato bocciato al Senato. Il decreto deregolamentava di fatto l’economia, facendo sì che lo Stato si ritirasse dalla maggior parte delle sue partecipazioni all’economia – prevedeva ampie privatizzazioni – e non intervenisee nelle contrattazioni sui prezzi – inclusi i “prezzi” dei salari e dei beni di consumo, in un contesto inflazionistico estremo. La seconda è una legge di circa 600 articoli nella sua formulazione iniziale, ridotti della metà nel corso della trattativa in Parlamento, che spiegava nel dettaglio il contenuto del decreto. Quella legge, intitolata “Basi e punti di partenza per la libertà degli Argentini” (alludendo al libro del liberale più famoso dell’Argentina, Juan Bautista Alberdi[6]), implicava una riforma costituzionale di fatto: cambiava tutto, dalla registrazione legale delle squadre di calcio al sistema fiscale. Questo è il leitmotiv del governo: cambiare completamente l’organizzazione dell’Argentina (il paese con la più grande rete di protezione sociale della regione), eliminare la sua matrice favorevole all’interventismo statale e al corporativismo, ma farlo in una corsa contro il tempo e allo stesso tempo alla massima velocità possibile, senza grandi accordi politici o rispetto procedurale e a prescindere dal costo sociale.

Questa legge “omnibus” è stata discussa alla Camera dei deputati in sessioni   straordinarie e, dopo faticose trattative, è stata ritirata dallo stesso governo, visto che la maggioranza avrebbe respinto la delega di poteri governativi straordinari a Milei. Questo fallimento mostra ciò che funziona in Argentina (e che ha funzionato anche in Brasile, durante il governo di J. Bolsonaro): i limiti istituzionali che gli stessi liberali elogiati da Milei introdussero nella Costituzione del Paese per evitare la concentrazione del potere nelle mani del potere esecutivo. L’Argentina, inoltre, è un caso istituzionale atipico nel mondo, perché rinnova le Camere dei deputati e dei senatori in più momenti, per cui, a meno che un governo non vinca due o più elezioni legislative consecutive, sarà minoritario al Congresso e sarà costretto a costruire alleanze. Questo è il caso attuale: quello di Milei è un governo che non ha nessun governo delle province del suo partito, che ha una scarsa presenza di deputati al Congresso e che è costretto a negoziare con le stesse persone a cui cerca di tagliare le voci di bilancio e che insulta quotidianamente[7].

Il fallimento legislativo avvenuto il 6 febbraio ha messo il governo nella situazione di una luna di miele subito interrotta. Lo ha posto di fronte a una società che vota per stanchezza e rabbia più che per convinzione ideologica. Una popolazione che mostra di essere esausto di fronte a un’inflazione che rende impossibile avere una previsione minima di quanto si può spendere per i servizi di base, con la stagnazione dei salari, la precarietà del lavoro e la povertà crescente. Di contro, un governo che mostra una palpabile incapacità di gestione, che non ha nemmeno permesso ai sussidi alimentari di raggiungere la rete di mense per i poveri che sostengono il tessuto sociale[8].

Milei si è presentato alla presidenza con due proposte concrete: la prima è la dollarizzazione. La dollarizzazione può essere interpretata come un nuovo, ferreo patto sociale intorno alla moneta, anche se questa proposta è stata respinta dal FMI e da vasti settori economici argentini, in particolare dagli industriali e da coloro che privilegiano il mercato interno. Nonostante questo rifiuto, l’economia del governo, gestita dall’ex ministro delle Finanze del governo Macri, Luis Caputo, sta mostrando segnali di movimento in questa direzione: in primo luogo, con la svalutazione del 118% (la più grande nella storia del Paese), che ha liquefatto gli stipendi, i risparmi (e anche i grandi debiti in pesos); in secondo luogo, con la conversione in dollari dei debiti contratti dai settori importatori del Paese, Il fatto che la proposta presa in considerazione sia la dollarizzazione (in un contesto di perdita di influenza del dollaro nel contesto economico globale) dimostra quanto la situazione del Paese sia allo sbando.

La seconda proposta è stata quella di ridurre in modo drastico la spesa statale: in questo senso, in due mesi sono stati ridotti i ministeri (da 22 a 9) e sono state tagliate le spese, alla ricerca di una rinegoziazione dell’ingente debito del Paese con il FMI. Questo ha portato, da un lato, alla paralisi del lavoro del governo (e dell’economia in generale) e, dall’altro, alla bocciatura della proposta da parte dei governatori provinciali. Nei giorni scorsi, il governatore del Chubut, una provincia produttrice di petrolio in Patagonia, ha annunciato che non usciranno più barili di petrolio e gas dal territorio meridionale se il governo centrale non ripristinerà i fondi di bilancio. Il governatore non appartiene all’opposizione, ma all’alleanza che sostiene il governo. Questa reazione ha generato la solidarietà pubblica di diversi altri governatori, anch’essi appartenenti allo stesso schieramento politico di Milei. In altre parole: da un lato c’è una liquefazione della moneta locale e un massiccio indebitamento privato della popolazione[9], dall’altro c’è un dissidio politico che non proviene nemmeno dall’opposizione, ma dalla stessa base che dovrebbe sostenere il governo.

In questo contesto, le organizzazioni dei lavoratori e i movimenti sociali mostrano un attivismo crescente, ma ancora in erba. Nessuno è in grado di spiegare pienamente perché non ci siano grandi sacche di resistenza o addirittura l’inizio di un’esplosione sociale. La Confederazione Generale del Lavoro (CGT) ha lanciato un primo sciopero nazionale il 24 gennaio, il più rapido nella storia democratica dell’Argentina. Lo sciopero ha avuto un successo clamoroso e la CGT è riuscita a portare di fronte ai tribunali  i capitoli della riforma del lavoro attraverso i DNU (Decreti di Necessità e Urgenza), in modo che qualsiasi intervento del governo in materia sia paralizzato da questi ultimi.  La CGT è uno degli obiettivi degli attacchi del governo, che cerca di rendere più flessibili i rapporti di lavoro e di intervenire nelle elezioni sindacali. I movimenti sociali che gestiscono la distribuzione alimentare sono sotto pressione perché il governo sta cercando di eliminare la loro intermediazione e ha sospeso o reso questo servizio discontinuo. Anche i movimenti femministi sono in allerta: Ni una menos e altre organizzazioni hanno preparato attraverso le assemblee locali lo sciopero e la mobilitazione dell’8 marzo, una manifestazione partecipata e potente, date le posizioni regressive del governo in materia di genere e dato che l’aggiustamento economico ricadrà fondamentalmente sulle donne, a causa dei loro compiti assistenziali e dell’altissimo tasso di indebitamento familiare. In breve: l’attivismo c’è, ma si trova di fronte a un governo che, da un lato, ha ratificato un protocollo di sicurezza che obbliga a liberare le strade sotto la sicura minaccia della repressione e che, dall’altro, fa dell’accelerazione e della moltiplicazione una modalità di gestione dei conflitti.

Negli ultimi due mesi l’Argentina ha registrato un’eccedenza nei conti pubblici. Questo non perché stia risanando i conti, ma a causa della paralisi economica, che potrebbe portare alla stagflazione, e dei tagli ai ministeri, dei licenziamenti dei dipendenti statali, degli adeguamenti dei sussidi sociali, ecc. Si registra anche un leggero rallentamento dell’inflazione, poiché la maggior parte della popolazione ha ridotto al minimo i consumi in reazione alla profonda incertezza. Non si può dire cosa accadrà. Ma sarebbe un miracolo se andasse bene. Con un governo dilettantesco e pieno di divisioni interne, con un’opposizione screditata e ancora sotto shock per la sconfitta elettorale, e con una popolazione che cerca soprattutto di far quadrare i conti, la situazione sembra analoga a un dado che gira in aria. Una corsa contro il tempo, con un’intera popolazione che non sa da che parte stare. Milei non ha certo creato la crisi. Ma non sembra in grado di risolverla, bensì soltanto di aggravarla.

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[1]   Villarruel ha creato una ONG nel 2006 per promuovere quella che definisce una “memoria completa” della dittatura in Argentina (1976-83) e per sfidare il consenso sulla sua condanna. Per un resoconto della sua carriera, si veda l’intervista a Cecilia Pando, attivista a sostegno dei militari incarcerati per crimini contro l’umanità, sul quotidiano Perfil di domenica 25 febbraio 2024: https://www.perfil.com/noticias/periodismopuro/cecilia-pando-fue-terrible-la-guerra-en-los-70-tenemos-la-obligacion-de-cerrar-esa-etapa-por-jorge-fontevecchia.phtml. Qui un dettaglio della discussione: https://www.bbc.com/mundo/articles/cg3pr3vq98vo.

[2]  Il governo si dichiara anarco-liberale-libertario. È molto discutibile, tuttavia, se ci sia continuità tra liberalismo e libertarismo. O, per dirla più chiaramente, se questo governo sia effettivamente liberale: ha eliminato ogni riferimento al genere dalla pubblica amministrazione (ha vietato l’uso di un linguaggio inclusivo, il sostegno alla discriminazione positiva di genere e cerca di abrogare la legge sull’aborto), ha eliminato gli organismi che si battevano contro la discriminazione, come l’INADI [Instituto Nacional contra la Discriminación, la Xenofobia y el Racismo], e promuove un atteggiamento bellicoso contro ogni idea contraria alla propria, con argomenti teologici e/o moralistici.

[3] Milei gestisce i suoi social network e comunica costantemente attraverso di essi, soprattutto X. Ha una media di 73 post al giorno. Per un’analisi, si veda: https://www.lanacion.com.ar/politica/desvelos-arrebatos-y-castigos-asi-funciona-el-twitter-de-javier-milei-la-ametralladora-del-nuevo-nid17022024/.

[4] Per la composizione delle camere, si veda https://www.diputados.gov.ar/diputados/recinto.html

https://www.senado.gob.ar/senadores/listados/agrupados-por-bloques

[5] È molto difficile descrivere una simile leadership. In linea di massima, si può dire che Milei cerca una comunicazione diretta con la sua base di sostegno e che è un ottimo comunicatore. È riuscito a canalizzare la frustrazione popolare nei confronti della direzione del Paese e delle élite al potere, ma è lontano dal razionalismo che ci si potrebbe aspettare da un economista, Milei mostra il profilo di un outsider, senza forti radici familiari o debiti politici, con un lato apertamente messianico – durante il suo primo viaggio ufficiale in Israele, nel bel mezzo della crisi degli ostaggi, ha paragonato se stesso a Mosè e sua sorella ad Aron. Ha portato dalla sua parte la crescente polarizzazione dell’Argentina e vi ha aggiunto caratterizzazioni morali: descrive il suo schieramento come “le forze del cielo” o “gli argentini del bene”.

[6] Bases y puntos de partida para la organización política de la República Argentina (1852) [n.d.t.]

[7] Il 1° marzo scorso, nel suo discorso all’inizio delle sessioni legislative, Milei ha offerto ai governatori un “patto” con 10 punti di accordo (simili ai 10 punti del Washington Consensus) e ha proposto di restituire loro gli stanziamenti di bilancio in cambio del sostegno alla legge omnibus, che sarebbe stata ancora una volta discussa per sezioni.

[8] Il governo ha centralizzato gli ex ministeri del Lavoro, dello Sviluppo sociale, dell’Istruzione e della Cultura in un unico “Ministero del Capitale umano”, sotto la guida di Sandra Petovello. Qualche settimana fa, c’erano due chilometri di persone in coda per farsi vedere dal ministro, in risposta al suo rifiuto di negoziare con i leader delle organizzazioni sociali sulla richiesta di sussidi alimentari. A questo proposito, si veda: https://www.cronista.com/economia-politica/el-gobierno-reconoce-que-no-envio-plata-a-comedores-cuando-lo-hara-y-bajo-que-esquema/.

[9] Per dare un’idea degli aumenti di prezzo che si stanno verificando (con salari stagnanti o in calo e taglio di pensioni e vitalizi): la società di consulenza Focus Market pubblica una misurazione dei prezzi anno per anno dal febbraio 2023 al 2024. Il riso è aumentato del 951,9% (46,4% solo lo scorso febbraio), il dentifricio del 595,9%, i disinfettanti del 476,7%, ecc. Gli aumenti previsti per marzo sono del 165,5% per gli affitti (il governo ha abrogato la legge che tutelava gli inquilini), l’elettricità del 150%, le scuole pubbliche del 50%. Il consumo di latte è sceso del 15% nella media annuale. In altre parole, l’inflazione rimane a due cifre e i consumi sono in calo. A questo proposito, si veda: https://www.perfil.com/noticias/economia/la-inflacion-en-alimentos-se-mantiene-a-raya-con-una-fuerte-caida-del-consumo.phtml.

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