di ASSEMBLEA PERMANENTE CONTRO LA GUERRA
L’8 marzo noi, Assemblea permanente contro la guerra, sciopereremo, manifesteremo e ci organizzeremo insieme a milioni di donne e di queer in rivolta contro il patriarcato. Ovunque i movimenti femministi stanno facendo dell’opposizione al genocidio in Palestina una parola d’ordine. Ovunque le lotte femministe contestano la militarizzazione della società e i suoi effetti causati dalle guerre in Ucraina e a Gaza. Non solo la logica della guerra si sta diffondendo in tutto il mondo, ma anche le lotte contro la guerra si stanno diffondendo e lavoratrici e lavoratori di ogni nazionalità si stanno organizzando oltre i confini per essere più forti. Questa è la politica transnazionale di pace in azione.
L’8 marzo saremo al fianco delle donne in Palestina, insieme a coloro che si stanno mobilitando in tutto il mondo, per pretendere la fine del genocidio. Grideremo con le donne palestinesi e israeliane che si mobiliteranno insieme in Israele. La loro è una sfida allo Stato di Israele, che reprime l’opposizione, alimenta le divisioni razziste e arruola donne e queer come agenti militari del suo piano omicida, mentre chi osa rifiutarsi riceve minacce di stupro e di morte. La lotta per la fine del genocidio deve essere femminista. Decine di migliaia di donne palestinesi sono state uccise e hanno subito violenze dall’IDF. Sappiamo che gli stupri e gli abusi sessuali sono armi in ogni conflitto militare. Rifiutiamo la strumentalizzazione della brutalità del 7 ottobre per giustificare il massacro indiscriminato di donne, uomini e bambini che Israele sta perpetrando come qualcosa fatto per difendere le “nostre donne”. Allo stesso modo rifiutiamo di accettare che anche un solo stupro, un’uccisione o un’umiliazione delle “loro donne” sia legittimata, indipendentemente dalla lunga storia di violenza di cui è la conseguenza, e rifiutiamo di dover scegliere tra la lotta contro l’occupazione e la lotta contro il patriarcato.
L’8 marzo scenderemo in piazza con la rivolta femminista contro il militarismo. Il militarismo è una forza materiale che alimenta l’industria degli armamenti a spese della protezione sociale. L’Europa si prepara alla guerra in nome di una democrazia basata su gerarchie sessualizzate. Le donne devono lavorare di più mentre gli uomini sono sul campo di battaglia. Le migranti ucraine hanno visto i loro salari e le loro rimesse divorati dai costi della guerra. Molte donne tra quelle rimaste nel paese stanno lottando per garantire ai soldati la possibilità di tornare a casa dopo due anni di guerra disperata. In Russia, le donne sfidano la repressione denunciando che solo gli uomini poveri sono stati costretti a combattere e a morire, mentre i ricchi sono fuggiti. Centinaia di donne ucraine sono state violentate dai soldati russi per segnare simbolicamente il possesso dei territori conquistati. Le persone queer che rifiutano di essere arruolate sono considerate traditrici della natura e della nazione e come tali perseguitate. Questo è l’ordine patriarcale richiesto dal militarismo: divisione sessuale del lavoro, culto della mascolinità e della violenza, sessualità disciplinata e autorità maschili per mantenere l’ordine. Dobbiamo lottare contro la guerra per opporci a questo patriarcato capitalista militarizzato.
L’8 marzo sciopereremo, manifesteremo e ci organizzeremo con coloro che, dall’America Latina a Israele e alla Polonia, dall’Italia alla Grecia, dalla Repubblica Ceca alla Francia, dal Kurdistan all’Iran, dalla Germania alla Turchia e al Regno Unito, stanno facendo della rivendicazione della fine del genocidio, della guerra e del militarismo una questione femminista, in connessione con le lotte di donne e queer contro la violenza maschile e i femminicidi, il razzismo e l’ascesa delle destre, la privatizzazione dei servizi sociali e l’impoverimento dei salari causato dalla guerra. Queste lotte sono la nostra politica transnazionale di pace, e non c’è pace senza lotte femministe.