di JOHANNA e TESSI – BERLINER FRAUEN* STREIK NETZWERK e TRANSNATIONAL SOCIAL STRIKE PLATFORM
Dopo la prima intervista dedicata allo sciopero delle donne in Bulgaria, pubblichiamo la traduzione italiana del secondo contributo della serie March 8th – The Weekly Striker della Transnational Social Strike Platform. Johanna e Tessi del Berliner Frauen*Streik Netzwerk (Rete dello sciopero delle donne – Berlino) raccontano l’esperienza di organizzazione dello sciopero femminista in Germania. Quello che risalta è l’importanza della dimensione transnazionale dello sciopero, che sta creando le condizioni per produrre un’iniziativa politica autonoma capace di rispondere alle politiche che intrecciano gli attacchi alla libertà delle donne di abortire, la precarizzazione del lavoro e i tagli al welfare. In Germania, la parola d’ordine dello sciopero femminista sta aprendo lo spazio per una riappropriazione dello sciopero politico, che negli ultimi decenni è stato depotenziato con strumenti legali e informali tanto da renderlo nei fatti «impraticabile». Contro tutte queste restrizioni, lo sciopero femminista ha innescato un «processo caotico» che sta forzando le forme tradizionali di organizzazione sindacale e creando una connessione politica tra le vertenze di cui le donne sono state protagoniste. La parola d’ordine Keine mehr!, che traduce il grido globale Non Una Di Meno!, risuona per segnalare la dimensione transnazionale di un movimento che, mentre vive nelle sue particolari espressioni locali, ha la pretesa di mettere in questione la connessione sistematica e globale tra patriarcato, razzismo e neoliberalismo.
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Transnational Social Strike Platform: Negli ultimi due anni lo sciopero globale femminista è cresciuto ed è diventato più forte. Anche in Germania quest’anno si discute di come scioperare l’8 marzo. Qual è stata la scintilla che ha innescato questo processo?
Johanna e Tessi: Ci sono state molte «scintille» che hanno dato inizio al dibattito sullo sciopero femminista dell’8 marzo. Forse le immagini dalla Spagna, questa enorme massa di donne che smette di lavorare e blocca le strade di Madrid e di altre città, sono state un tassello decisivo. Forse molte di noi stavano guardando alle proteste contro le leggi repressive sull’aborto in America Latina, proprio mentre in Germania Kristina Hänel, una ginecologa, veniva condannata per aver fatto «pubblicità» all’aborto sul suo sito web. Tutti questi momenti ci hanno portato a dire: quello che si sta formando in questo momento è un movimento femminista transnazionale, e noi dobbiamo rispondere. Sappiamo che sarà difficile perché attualmente le femministe sono divise le une dalle altre, mentre le strutture organizzative spesso sono molto istituzionalizzate. Questo è anche il motivo per cui abbiamo detto: questo processo deve essere caotico, non vogliamo avere nessun controllo su di esso. Convocheremo lo sciopero femminista per l’8 marzo e vogliamo che sia chiaro che la sua costruzione sarà un processo in cui abbiamo bisogno della partecipazione di tutte.
TSS: Lo sciopero politico è ufficialmente illegale in Germania. Dopo l’ondata di scioperi del 2015, in particolare nel settore dei trasporti, ma anche nei magazzini di Amazon, la legge sul contratto unitario (Tarifeinheitsgesetz) ha drasticamente limitato le possibilità di organizzarlo legalmente. Si tratta in realtà di una tendenza globale, poiché in questi anni, in molte parti del mondo, lo sciopero è stato attaccato, privato della sua forza, reso più difficile da organizzare a causa della precarietà generalizzata, e spesso usato dai sindacati come mero strumento di contrattazione. Tuttavia, lo sciopero femminista è stato un’opportunità non solo per le donne, ma per tutti coloro che si oppongono al neoliberalismo patriarcale. In che modo lo sciopero delle donne promuove un processo di generale riappropriazione, reinvenzione e riarticolazione dello sciopero?
J e T: In realtà non è chiaro se lo sciopero politico sia illegale o meno in Germania. Nel 1952 un giudice che si era distinto già ai tempi del nazismo dichiarò illegittimo lo sciopero politico, facendo un favore al capitale. Da allora i sindacati sono stati molto cauti per non rischiare di pagare multe elevate. Nell’ambito dello sciopero delle donne stiamo condividendo questo tipo di informazioni. Ad esempio, abbiamo invitato le partecipanti allo sciopero delle donne nel 1994 a discutere della loro esperienza. Tra il 2007 e il 2013 in Germania i grandi sindacati hanno aperto un dibattito al loro interno per capire come riappropriarsi dello sciopero politico. In quel periodo però non c’era nessun movimento di massa che potesse far leva su quel dibattito per intervenire nelle lotte reali. Alcune di noi hanno cercato di mettersi in contatto con i sindacalisti che avevano votato a favore dell’impegno del loro sindacato nella battaglia per il diritto allo sciopero politico. Crediamo che il movimento femminista potrebbe diventare il movimento che pone materialmente la questione della legittimità dello sciopero politico.
Cerchiamo di essere presenti ogni volta che c’è uno sciopero. Per esempio, abbiamo sostenuto i fisioterapisti e le insegnanti della scuola dell’infanzia che hanno indetto uno sciopero di recente. Entrambe le lotte, la prima sull’esternalizzazione negli ospedali, l’altra contro la cosiddetta Kita-Krise (la crisi degli asilo nido e delle scuole materne), dovuta ai pochi dipendenti e ai salari bassi in quel settore, sono sintomatiche di un aumento dei conflitti e degli scioperi in Germania negli ultimi anni che a) sono stati dominati dalla forza lavoro femminile e b) hanno dimostrato chiaramente come le lotte per migliori condizioni di lavoro possano essere collegate alle questioni del welfare, ad es. con l’offerta di maggiori e migliori servizi per l’infanzia per tutti i genitori, di un trattamento tempestivo e sicuro per i pazienti, con la giustizia per i lavoratori in outsourcing. Come rete dello sciopero delle donne vogliamo contribuire alla connessione di queste lotte e le incoraggiamo a spingersi oltre, verso uno sciopero politico. Allo stesso tempo, stiamo cercando di far passare una visione più ampia dello sciopero, che prenda in considerazione il fatto che non tutto il lavoro si svolge sotto forma di lavoro salariato, più o meno regolato, e che ci sono più modi per colpire il patriarcato, il capitale e i suoi rappresentanti, oltre al classico sciopero del lavoro salariato. È assolutamente vero che l’organizzazione e l’azione collettiva sono state attaccate a livello globale, ma c’è la possibilità che questi attacchi scatenino un’opposizione anche in Germania e come rete per sciopero delle donne vogliamo aiutare a unire le forze di questo fronte. Il Tarifeinheitsgesetz, che per fortuna non è ancora stato applicato, sarebbe un male per sindacati di piccole dimensioni che hanno effettivamente contribuito al rilancio degli scioperi in Germania. Per quanto ne so, non è stata ancora discussa la nuova legge restrittiva all’interno del nostro movimento, ma quello che so è che lo sciopero delle donne è uno spazio in cui i membri di sindacati potenzialmente rivali lavorano insieme.
TSS: Che potenziale esprime lo sciopero delle donne in termini di organizzazione e composizione? Che tipo di lavoro di rete/collegamento state facendo? Qual è la novità della composizione degli incontri e delle assemblee di Frauen Streik?
J e T: Al momento la cosa più interessante del nostro processo organizzativo è che in realtà guarda oltre l’8 marzo, e non si tratta di una data che tutti stanno aspettando senza pensare a quello che accadrà il giorno dopo. Spesso le campagne politiche in Germania si dimostrano poco sostenibili, o comunque non sono in grado di organizzare le persone oltre il «climax» politico. Dal nostro punto di vista, in Germania le cose sono andate così negli ultimi due anni per quanto riguardo l’8 marzo. Quest’anno, invece, con lo sciopero delle donne abbiamo la sensazione che qualcosa stia cambiando. A Berlino le donne iniziano a organizzare assemblee nei loro quartieri, si organizzano colazioni in cui ci si mette in contatto e si scambiano esperienze. Altre donne hanno portato lo sciopero delle donne in università e cercano di organizzare lì degli incontri sullo sciopero. Quindi al momento tutti stanno cercando di diffondere l’idea dello sciopero delle donne, ciascuno nei suoi spazi.
TSS: Quali sono i vostri piani per l’8 marzo? Come state affrontando il problema di interrompere sia la produzione che la riproduzione?
J e T: Abbiamo diversi piani. Durante il giorno ci saranno grandi manifestazioni a Berlino a cui vogliamo partecipare, ma ognuna ha anche una sua idea su come mostrare la propria partecipazione allo sciopero in quel giorno. Ci sono molte idee, tra cui anche diverse proposte sui vari modi di rendere visibile lo sciopero femminista. Ad esempio, uno dei nostri gruppi di lavoro ha progettato il cosiddetto Überlastungsanzeigen per il lavoro di cura, cioè delle tabelle in cui ognuna può elencare tutto il lavoro non pagato che fa ogni giorno e scrivere perché si sente sovraccaricata e stressata. Gli Überlastungsanzeigen sono stati usati in passato negli ospedali e negli scioperi della cura, sono un modo di partecipare allo sciopero per quelle donne che non possono davvero interrompere le loro attività lavorative l’8 marzo, o perché rischierebbero il loro lavoro oppure perché metterebbero in pericolo la vita delle persone di cui si prendono cura. Tutte le Überlastungsanzeigen saranno portate al Ministero della salute durante una grande azione simbolica il 7 marzo. Altre donne progettano azioni simboliche, come ad esempio una grande care mob che sarà in strada l’8 marzo, «decorando» la città in solidarietà con le donne che non possono scioperare quel giorno. Altre ancora invece stanno pensando semplicemente di «oziare» insieme e di mostrarlo nei luoghi pubblici di tutta la città. L’obiettivo della nostra rete al momento è quello di avere uno sciopero simbolico cui partecipino insieme le donne in tutta la Germania, anche solo per 30 minuti. Vogliamo dimostrare che questo è l’inizio di un movimento che sta prendendo piede in molte città.
TSS: Qual è la relazione con le grandi sigle sindacali e i sindacati di base? Vi aspettate un sostegno allo sciopero? Come reagiscono i sindacati allo sciopero delle donne? A quali scappatoie legali ci si può appigliare?
J e T: In Germania non ci sono molti sindacati di base, ma per quanto ne sappiamo stanno tutti sostenendo lo sciopero delle donne. Ad esempio, la FAU, l’unione anarco-sindacalista, ha organizzato un laboratorio sullo sciopero in una riunione a livello nazionale e un altro laboratorio è stato tenuto dai membri dell’IWW e dei Ver.di, il grande sindacato dei servizi. Anche la composizione dei partecipanti al laboratorio era varia. Abbiamo ricevuto una dichiarazione di solidarietà da parte del sindacato dell’istruzione e della scienza a Berlino, che probabilmente convocherà degli scioperi nel corso di una contrattazione collettiva a fine febbraio o addirittura all’inizio di marzo. Se a Berlino l’8 marzo non fosse stato recentemente dichiarato un giorno di vacanza, questo sarebbe stato un ottimo punto di partenza, ma comunque siamo ancora in stretto contatto con loro. Finora nessuno dei sindacati della DGB (la Confederazione sindacale tedesca) ha dichiarato che convocherà lo sciopero, ma riceviamo molte richieste per presentare le nostre idee alle riunioni dei sindacati o alle assemblee di lavoratori e lavoratrici. Quando parliamo con i funzionari sindacali nella maggior parte dei casi ci viene detto molto chiaramente che non convocheranno mai uno sciopero politico, ma alla fine saranno i membri a decidere.
TSS: Quali parole d’ordine e rivendicazioni state elaborando in vista del prossimo sciopero globale delle donne? In che modo state facendo i conti la dimensione transnazionale dello sciopero delle donne?
J e T: Vediamo un grande potenziale nel fatto che molte delle rivendicazioni degli scioperi e delle proteste di donne in contesti diversi siano usate a livello internazionale. E abbiamo la dimensione transnazionale dello sciopero delle donne come punto di riferimento. Ecco perché ci sono slogan come Keine mehr!, la traduzione tedesca di Ni Una Menos, sui nostri banner, ed ecco perché nel nostro primo grande incontro di novembre alcune donne hanno iniziato ad indossare i pañuelos che conosciamo dalle lotte in Argentina. Sappiamo che ci sono grandi differenze tra le nostre lotte, ma per far sì che quello delle donne sia davvero un movimento sociale transnazionale è importante condividere questi simboli per rendere chiaro che siamo solidali e che stiamo lottando per le stesse cose.