di TRANSNATIONAL SOCIAL STRIKE PLATFORM
Risoluzione dal meeting di Stoccolma: piano d’azione per colpire la logistica dello sfruttamento. Un orientamento collettivo per l’azione.
In ogni angolo d’Europa, migranti, operai e precarie stanno scioperando e sono i protagonisti di esplosioni di insubordinazione di massa contro l’impoverimento e la precarietà: l’attacco violento contro le lotte sociali e sul lavoro sono l’espressione della preoccupazione per l’ordine e la pace sociale, condivisa da governi neoliberali e nazionalisti. Noi, sindacati e collettivi, lavoratori, lavoratrici e attivisti da più di sedici paesi Europei e non solo ‒ dalla Svezia alla Grecia, dalla Francia alla Georgia, dai riders tedeschi alle insegnanti Polacche, dai facchini dei magazzini italiani ai lavoratori di Amazon da Spagna, Polonia e Francia – riuniti a Stoccolma per il sesto meeting della Transnational Social Strike Platform abbiamo identificato nei seguenti punti una bussola collettiva per intervenire nella situazione attuale ed orientare la nostra azione.
1. Non esiste una soluzione nazionale alla crisi. Dopo la crisi del 2008, la normalità dell’Europa è costituita da una precarietà generalizzata, dal controllo crescente dei movimenti dei migranti, dai tagli al welfare, dall’imposizione di nuove gerarchie sociali, da politiche reazionarie contro le donne. In questo scenario non è possibile né desiderabile ritornare al compromesso socialdemocratico nazionale e ignorare l’interdipendenza transnazionale su cui si basano i processi nazionali. Abbiamo partecipato alle lotte che, dall’Italia alla Spagna alla Francia, dalla Polonia alla Germania fino alla Svezia e alla Georgia, hanno attraversato la logistica, il settore industriale e dei trasporti negli ultimi dieci anni. Spesso siamo stati vittoriosi, e abbiamo conquistato localmente condizioni migliori. Tuttavia, riconosciamo che la situazione politica e sociale complessiva non è accettabile. Affinché la nostra forza cresca abbiamo bisogno di individuare obiettivi transnazionali comuni. L’unica arma contro l’austerità e il nazionalismo di destra e di sinistra è il consolidamento di un movimento transnazionale di insubordinazione.
2. La logistica dello sfruttamento è il nostro campo di battaglia transnazionale. La logistica dello sfruttamento non si limita al solo settore logistico: essa implica piuttosto una trasformazione generale dei rapporti di lavoro e della società. La logistica è una forza capace di imporre e organizzare il comando capitalistico su un piano transnazionale e di intrecciare ogni contesto locale a dinamiche globali e regionali. La logistica dello sfruttamento svuota i diritti e le protezioni ottenute con decenni di lotte, combina a suo vantaggio differenti livelli di sfruttamento, nasconde il lavoro industriale in luoghi distanti dagli sguardi metropolitani e produce isolamento e frammentazione, nel tentativo di neutralizzare la capacità degli scioperi di danneggiare il profitto. La logistica nutre la fantasia di modellare la società al solo scopo del profitto, con i governi che contribuiscono alla realizzazione di questo sogno. Governi e imprenditori stanno sacrificando le vite di lavoratori e lavoratrici sull’altare degli investimenti e del profitto globale. Noi rifiutiamo di prendere parte a questo scambio indegno e ai miseri risarcimenti offerti dai governi nazionali. Nella nostra lotta contro la logistica dello sfruttamento intendiamo respingere al contempo le sue basi locali e quelle transnazionali. Vogliamo che ogni concreto momento di insubordinazione acquisisca maggior forza attraverso connessioni oltre confine.
3. Lo sciopero è un’arma politica. La logistica dello sfruttamento si è sviluppata per aggirare le conquiste dei lavoratori. Le vittorie conquistate da un segmento della forza lavoro vengono scaricate sulle spalle di altri che stanno in una posizione più svantaggiata, migranti o precari. La logistica opera in questo modo per assicurarsi che gli aumenti salariali ottenuti in luogo siano ripagati da riduzioni salariali in un altro luogo, oppure attraverso l’allungamento della giornata lavorativa, l’intensificazione dei ritmi di lavoro, l’aumento della tassazione o i tagli di bonus e benefit. La battaglia per ottenere conquiste locali deve essere accompagnata da un uso politico dello sciopero, che ambisce a rovesciare le gerarchie tra gruppi di lavoratori, tra nazionalità, status e contratti. Questo è ciò che terrorizza i governi e le organizzazioni degli imprenditori ed è per questo motivo che tentano di limitare ovunque il diritto di sciopero e di relegare il conflitto sui posti di lavoro al solo ambito della negoziazione contrattuale. Sappiamo che ogni contratto è al tempo stesso un modo per fissare alcune conquiste e per prevenire ulteriori lotte, per escludere i sindacati di base e per sancire un patto che stabilisca chi detiene o meno il diritto di chiedere condizioni migliori. Rifiutiamo ogni limitazione al diritto di sciopero e aspiriamo a fare dello sciopero un’arma politica capace di mandare all’aria la negoziazione e di invadere la società.
4. Lo sciopero femminista indica la strada. Nella convinzione che lo sciopero deve rompere i suoi limiti legali e territoriali e andare oltre la singola vertenza, crediamo che lo sciopero globale delle donne ci indichi la strada. Il movimento delle donne è stato capace di restituire allo sciopero il suo potere, rendendolo uno strumento praticabile dalle lavoratrici e dai lavoratori non sindacalizzati, slegandolo da ogni forma di negoziazione e superando le barriere tra settori, categorie e nazioni. Con il loro movimento le donne hanno dimostrato che la logistica dello sfruttamento non può esistere senza che la loro subordinazione sia assicurata e le catene della famiglia patriarcale rinsaldate. Di fronte a tutto questo, lo sciopero è stato reinventato e trasformato in un generale movimento di trasformazione radicale contro lo sfruttamento e contro le gerarchie patriarcali e razziste che lo intensificano. A partire da qui, sosterremo il prossimo sciopero globale delle donne dell’8 marzo in ogni modo possibile.
5. Scioperare contro i confini. Recentemente, i migranti sono stati al centro di potenti lotte e scioperi nel settore logistico. Intendiamo partire dalla potenza che hanno espresso e per questo annunciamo che il tempo della solidarietà è finito, e l’era di una lotta comune comincia. Più di ogni altra cosa, il movimento dei migranti mette in discussione la fantasia logistica di spostare beni e persone a seconda delle necessità del profitto. Crediamo che fino a quando non contrasteremo i modi sistematici con cui i governi nazionali, l’Unione Europea e le imprese trasformano i migranti in forza lavoro a basso costo, mentre li additano come capri espiatori, qualsiasi conquista si tramuterà in una sconfitta. Affermiamo che la lotta contro il razzismo istituzionale e contro il ricatto del permesso di soggiorno condizionato dal contratto di lavoro è parte della nostra battaglia. Se toccano uno, toccano tutti.
6. Il 2019 sarà sotto il segno dello sciopero. Dalle case ai luoghi di lavoro, dai magazzini alle fabbriche, dai confini alle piazze e alle metropoli: il 2019 sarà sotto il segno dello sciopero. Abbiamo intenzione di fare di quest’anno un anno di lotta transnazionale, allo scopo di trasformare un’insubordinazione diffusa ma dispersa, in una potente forza politica. Stiamo lavorando su un piano e su degli obiettivi comuni: abbiamo bisogno di coordinarci tra i diversi magazzini, fra i diversi nodi delle catene transnazionali del valore e al tempo stesso di elaborare una visione e delle rivendicazioni da avanzare collettivamente, che costituiscano strumenti di comunicazione attraverso le filiali, i settori e le condizioni. A partire dalle esistenti forme di organizzazione transnazionale dei centri di distribuzione di Amazon in Polonia, Germania, Spagna e Francia, che durante il Black Friday hanno avuto il loro più recente momento di visibilità, con scioperi e azioni in numerosi impianti in tutta Europa, ci mobiliteremo per un anno di lotta che ci condurrà al prossimo Black Friday, per farne la settimana nera del capitalismo e il momento d’esplosione di una forza transnazionale. Il 2019 sarà sotto il segno dello sciopero: il nostro programma è di impegnarci e promuovere attivamente lo sciopero globale delle donne dell’8 Marzo e l’interazione tra esso e le mobilitazioni che hanno attraversato la logistica negli scorsi anni. Arriveremo al prossimo Black Friday, moltiplicando i momenti di confronto e discussione, cominciando con il meeting dei lavoratori e delle lavoratrici di Amazon, che si terrà a Poznan in marzo, e successivamente con un’assemblea in Georgia, lungo le catene globali del valore e oltre i confini istituzionale dell’Unione Europea.