È stato detto che le rivoluzioni arrivano sempre troppo presto o troppo tardi. Non arrivano mai alla loro ora. Ma quando si presentano sono più vive e astute di quanto immaginino i migliori partiti, le avanguardie e le classi più avanzate. Candide come volpi e astute come colombe, parafrasando Fortini, le rivoluzioni confondono le piste politiche, mettono in tensione e trasformano le identità. Avvelenano i pozzi delle temporalità lineari con improvvise accelerazioni e imprevisti rallentamenti. Ridefiniscono mappe e geografie sociali. Il soviet di San Pietroburgo del 1905, l’insurrezione di Pietrogrado del 1917, il simulacro stalinizzato del Partito bolscevico della Leningrado degli anni ’30, senza dimenticare la rivolta di Kronstadt del 1921 sono tutti fatti e avvenimenti riferiti alla stessa città, che cambia non solo il nome, ma anche la connotazione sociale, il significato storico e l’immaginario politico a seconda dello sguardo, della collocazione politica e del periodo storico con cui la si osservi. La Rivoluzione russa non può essere certo riassunta completamente nella sola vicenda politica di Pietrogrado, ma non la si può capire e interpretare a prescindere da essa. È qui che il processo rivoluzionario dal febbraio all’ottobre del 1917 è stato il più esteso, il più acuto e politicizzato.
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