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Sebbene non manchino i casi passati e recenti, licenziare un delegato sindacale occupato nell’azienda da 29 anni non è ancora una pratica diffusa in Italia. Se poi l’azienda è una multinazionale svedese, arrivata in Italia con strepito di trombe per le sue relazioni industriali partecipative e i nuovi modelli organizzativi che mirano a superare la linea di montaggio, la cosa si nota ancora di più. Vero è che Electrolux, in Italia dal 1984, ha dimostrato più volte il suo volto feroce: a Susegana (Treviso) fa produrre un frigorifero ogni 39 secondi grazie a progressivi aumenti nell’intensità del lavoro e al taglio delle pause. Qualche anno fa, grazie anche a un governo amico, è riuscita a tagliare persino i permessi sindacali. Adesso comincia a tagliare il suo personale più riottoso come Augustin Breda, lo storico leader operaio, delegato sindacale da molti anni, che ha sostenuto le lotte dei lavoratori anche nei momenti più critici, quando la multinazionale voleva chiudere gli stabilimenti in Italia. Il suo licenziamento vuole essere un monito per tutti gli operai non solo dell’Electrolux, ma dell’intera regione e per tutto il settore. Stile di fine Ottocento statunitense, ma tecniche e tecnologie contemporanee da parte di un’azienda la cui dirigenza è ben salda in Svezia, il paese del welfare state e dei diritti sindacali. La fiaba del capitalismo buono dei paesi nordici si sgretola nelle periferie d’Europa dove è possibile, evidentemente, sperimentare una politica delle relazioni industriali che ha tratti violentemente globali. Il mondo dei diritti dentro e fuori la fabbrica vacilla dove comincia il lavoro salariato. E non importa se il salario è pagato in Cina, in Polonia o in Veneto.
Infatti, per poter licenziare Augustin Breda, si è dovuto farlo pedinare da alcuni investigatori «privati» che hanno spiato la sua vita «privata» per diversi giorni, per poi raffazzonare qualche straccio di prova. La sua colpa sarebbe quella di aver usufruito indebitamente della legge 104/92, che garantisce il diritto dei lavoratori di assentarsi dal lavoro per assistere dei familiari. Sospeso il 5 giugno, dopo un processo sommario nel quale ha smontato sostanzialmente la versione dell’agenzia investigativa, è stato licenziato il 15 giugno. Dieci giorni, per ponderare una decisione sulla pelle di chi in quell’azienda ci è rimasto 29 anni, consigliano di porsi qualche domanda.
Breda in questi anni è stato in prima fila contro i ricatti occupazionali e il peggioramento delle condizioni di lavoro, continuando a denunciare i danni alla salute dei lavoratori causati dai ritmi frenetici che provocano malattie professionali. Non sorprende poi che, dopo decenni di lavoro ripetitivo basato sulle catene di montaggio con movimenti vincolati, un quarto della forza lavoro sia a ridotte capacità lavorative per l’usura del corpo. Nello stabilimento di Susegana, come negli altri del gruppo Electrolux, è però cresciuta una forza lavoro consapevole del proprio ruolo nella società italiana ed europea. L’azienda si è perciò liberata di un leader operaio, profondo conoscitore dell’organizzazione produttiva in particolare per quanto riguarda la misurazione dei carichi di lavoro. È sicuramente casuale che la settimana prossima inizi la fase di valutazione e analisi dei rischi derivanti ai movimenti ripetitivi degli operai e che a luglio ci siano le elezioni per eleggere i nuovi delegati sindacali. Due passaggi fondamentali ai quali, comunque finisca questa storia, Breda non parteciperà. Spiare, licenziare, o almeno impedire che gli operai più «pericolosi» possano prendere parola quando si prendono le decisioni che incidono in profondità sul corpo degli altri operai.
La solidarietà dei compagni di lavoro non si è fatta attendere, a Susegana così come negli altri stabilimenti del gruppo Electrolux. Fin dai primi giorni ci sono stati scioperi e picchetti per difendere Augustin Breda, contro l’arroganza della multinazionale svedese e dei suoi dirigenti italiani o svedesi che siano. La strada per riportare Augustin tra i suoi compagni rimane in salita, ma tutti hanno capito che non si tratta solo di difendere i diritti di un individuo. In gioco c’è l’agibilità operaia all’interno dei posti di lavoro. A Susegana, come altrove.