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Pubblichiamo la traduzione italiana del documento condiviso al termine del workshop organizzato a Londra l’11 febbraio durante l’assemblea della Transnational Social Strike Platform
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Da Polonia, Italia, Svezia, Irlanda, Gran Bretagna, Germania, Slovenia e Francia, molte donne di collettivi e sindacati che stanno partecipando all’organizzazione dello sciopero delle donne dell’8 marzo si sono incontrate a Londra all’assemblea della Transnational Social Strike Platform, per discutere le novità e il potenziale dello sciopero globale delle donne e la sua relazione con il processo dello sciopero sociale transnazionale.
In tutta Europa e oltre, le donne sono sotto attacco. Il razzismo istituzionale e il governo della mobilità limitano la loro libertà di movimento; i tagli al welfare aumentano il loro sfruttamento tanto nelle case quanto nel lavoro di cura e nei servizi; i salari diminuiscono e aumenta la precarietà, così come i ritmi di lavoro. La libertà riproduttiva è ovunque sotto attacco, così da spingere le donne nel ruolo imposto dalla divisione sessuale del lavoro. Eppure, in tutto il mondo, le donne stanno lottando contro questi attacchi patriarcali e neoliberali, e hanno scelto lo sciopero come arma per rifiutare la loro oppressione e il loro sfruttamento. Con loro, anche i soggetti LGBTQIA stanno usando lo sciopero per rovesciare i ruoli di genere.
Le donne stanno rendendo transnazionale lo sciopero. Questo è vero non solo perché l’8 marzo le donne sciopereranno in più di 40 paesi, ma anche e soprattutto perché ‒ in quanto soggetto transnazionale ‒ stanno combattendo dinamiche di potere che vanno al di là dei confini nazionali. Se fosse stata semplicemente una battaglia progressista contro il fondamentalismo cattolico in un determinato paese, lo sciopero delle donne polacche dello scorso ottobre non avrebbe avuto un tale potere di contaminazione. Se fosse stata solo una risposta a un problema nazionale, al tremendo numero di femminicidi avvenuti nel paese, l’appello delle donne argentine a organizzarci non avrebbe avuto una tale inaspettata eco. Invece, entrambi sono stati riconosciuti come una possibilità di unificare le lotte finora disperse contro il patriarcato neoliberale, che sottomette le donne ovunque in modi diversi ma con la stessa brutalità.
Le donne stanno rendendo sociale lo sciopero. Questo fatto manda un chiaro segnale a quei sindacati che pretendono di avere il monopolio della pratica legale dello sciopero e a chi pretende che lo sciopero sia solo un modo regolamentato di negoziare specifiche condizioni di lavoro. Le donne stanno mostrando che lo sciopero può essere molto più di questo. La disparità salariale e le molestie sul luogo di lavoro sono una parte costitutiva della specifica esperienza dello sfruttamento che le donne fanno. Tuttavia il loro sfruttamento non è semplicemente una forma di discriminazione e va molto al di là dei luoghi di lavoro. Esso include il fatto che il lavoro riproduttivo è ancora massicciamente sulle loro spalle. È una condizione sociale globale su cui si fonda la riproduzione dell’ordine neoliberale nel suo complesso. Ciò significa che lo sciopero deve raggiungere le case, le scuole, gli ospedali, lo spazio metropolitano nella sua interezza. Lo sciopero delle donne è sociale perché mette in discussione l’attuale organizzazione complessiva della società.
Lo sciopero delle donne non è semplicemente uno sciopero per riforme politiche. Miglioramenti legislativi sono richiesti da più parti e ciascuno di essi può dare più autonomia alle donne che affrontano la violenza nelle sue varie forme. Eppure, lo sciopero delle donne è qualcosa di più di una campagna per ottenere diritti universali. Il suo nemico complessivo non è questa o quella legge, ma qualcosa che ‒ pur essendo spesso promosso dalle leggi ‒ molte volte succede nonostante le leggi: il potere neoliberale che pretende una totale disponibilità del corpo, della vita e del tempo delle donne. Lo sciopero delle donne è politico perché le donne rivendicano per loro il potere di decidere e di scegliere, ben sapendo che nessuno è disposto semplicemente a concederglielo. Così facendo, esse aprono la strada a tutti coloro che vogliono rovesciare le gerarchie sociali e i ruoli di genere.
Lo sciopero delle donne non è praticato da una specifica categoria del lavoro. Piuttosto, attraverso lo sciopero le donne stanno combattendo sui terreni imprescindibili per qualsiasi politica di classe: il salario e la precarizzazione, il welfare e il suo smantellamento, la libertà di movimento. Partendo dalla loro posizione specifica e parziale, le donne stanno tracciando un fronte sul quale anche gli uomini e tutti coloro che rifiutano l’ordine neoliberale sono chiamati a schierarsi. Noi continueremo ovunque a impegnarci nell’organizzare, supportare e allargare lo sciopero delle donne dell’8 marzo. Da qui in avanti lo sciopero sociale transnazionale non potrà che essere una pratica femminista, non solo perché le donne sono in prima linea nel movimento dello sciopero, combattendo a partire dalla posizione specifica che occupano nella società, ma anche perché solo prendendo la parte delle donne è possibile attaccare i pilastri del dominio neoliberale. Rifiutando attraverso lo sciopero di continuare a fare la «loro» parte, le donne mostrano come lo sciopero può essere sociale e transnazionale, cioè una pratica, globale e di massa, di rovesciamento del presente.