Pubblichiamo una breve intervista a Sylvain, un compagno del sindacato francese Sud Solidaire, realizzata poco dopo l’arrivo a Nation del corteo parigino del 9 marzo. Un corteo ampio, con oltre 70.000 partecipanti solo a Parigi e oltre 300.000 manifestanti in tutta la Francia tra studenti e lavoratori, con cui si è dato avvio in tutto il paese a una nuova stagione di lotte innescata dalla ribellione contro la nuova legge sul lavoro detta «loi El Khomri», dal nome della ministra del lavoro che sta portando avanti il progetto di riforma del diritto del lavoro. Si tratta di una legge che, modificando profondamento le condizioni di occupabilità, è destinata a produrre precarietà e non a caso è stata indicata in Italia come un «Jobs act alla francese». Non si tratta della solita semplificazione giornalistica, ma della dimostrazione pratica che le specificità nazionali, quando ancora esistono, sono destinate a soccombere di fronte alle tendenze che investono l’Europa dopo la normalizzazione dell’austerity. Stiamo andando verso la progressiva costituzione di un regime europeo del salario. Sotto i colpi della crisi e della tempesta scatenata dai migranti, mentre l’Unione sembra essere sempre sul punto di disgregarsi davanti al tentativo di accentrare e uniformare il governo della mobilità, ci troviamo di fronte a leggi che rendono politicamente sempre più simili le condizioni dei lavoratori europei.
A questa legge iniziano oggi a opporsi in Francia tanto gli studenti quanto i lavoratori di ogni provenienza, assieme e al di là delle divisioni di categoria che spesso li isolano. La data del 9 marzo, lanciata dagli studenti e sostenuta da quasi tutte le principali sigle sindacali, precede nuove mobilitazioni intersindacali, già annunciate per il 31 Marzo, e ulteriori mobilitazioni studentesche. Si tratta di un segnale importante in una Francia ancora sotto la scure dello stato d’emergenza dichiarato dal presidente Hollande dopo gli attacchi del 13 novembre. Abbiamo tuttavia già assistito in passato a importanti, estese e radicali proteste di massa in questo paese: basti ricordare le rivolte del 2005 e il movimento contro il CPE (Contrat première embauche). Nell’attuale situazione europea, e dopo la giornata transnazionale contro i confini e la precarizzazione del primo marzo alla quale hanno contribuito anche i compagni di Solidaire, tra i promotori della manifestazione del 9 a Parigi, ci sembra importante oggi volgere lo sguardo verso la Francia perché, se è vero quello che abbiamo detto sulla «loi el Khomri», questa rivolta francese contro il regime del salario può anche fornire elementi per la costruzione del primo sciopero transnazionale europeo. È necessario, anche guardando a quanto sta succedendo in Francia, demistificare il carattere «nazionale» delle mobilitazioni che attraversano l’Europa, per iniziare a evidenziare quegli elementi utili alla costruzione di un discorso e di prospettive organizzative comuni. Dalle parole di Sylvain risulta chiaro che la ricerca della massima unità dal punto di vista dell’iniziativa sociale non può prescindere dal porre la questione dei collegamenti tra tutti coloro che sono investiti dai diversi aspetti del regime europeo del salario. Se rompere la solitudine dei lavoratori e degli studenti europei è a questo punto assolutamente indispensabile, altrettanto vitale è porre il 9 marzo in relazione al giornata transnazionale del 1 marzo, così come al 4 marzo, quando si è svolta a Parigi una manifestazione in sostegno dei rifugiati espulsi da Calais. Si tratta di manifestazioni la cui scala non è comparabile in termine di numeri, che mostrano tuttavia quali problemi i movimenti dei lavoratori e contro la precarietà in tutta Europa sono chiamati ad affrontare. Siamo perciò d’accordo con Sylvain nel dire che, anche all’interno dei percorsi di lotta e di rivolta che si apriranno da qui in avanti, sarà fondamentale spingere nella direzione di ricercare parole d’ordine condivise, che possano funzionare come strumenti contro la frammentazione nazionale che divide i lavoratori e rimane sottovalutata da movimenti e sindacati. Le questioni di come connettere le lotte contro la precarizzazione con quelle dei migranti e di come superare le divisioni interne all’Europa attraverso la rivendicazione comune di un salario minimo europeo dovrebbero essere oggi al primo punto nell’ordine del giorno dei movimenti in Francia e in Europa.
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Puoi dirci qualcosa della giornata di sciopero che ha avuto luogo oggi a Parigi, e che si è da poco conclusa nella grande place de la Nation?
È stata una giornata di mobilitazioni nazionale, ma allo stesso tempo organizzata a livello locale a Parigi, Lione, Marsiglia e in altre grandi città francesi. Questa grande mobilitazione è stata lanciata e voluta fin dall’inizio dalle organizzazioni di giovani e dai collettivi studenteschi, tanto nelle scuole superiori quanto nelle università. Dopo diversi dibattiti tra di loro, alla fine anche le organizzazioni sindacali hanno deciso di aderire, trasformando quindi questa giornata in una giornata di mobilitazione intersindacale e intercategoriale. Questo il quadro generale. A livello sindacale, una spinta è stata data dal fatto che in questa giornata era stato da tempo previsto uno sciopero dei lavoratori dei trasporti pubblici, in particolare dell’SNCF (Société nationale des chemins de fer français), che è l’azienda principale di trasporti in Francia e coinvolge sigle sindacali diverse. Quindi quando gli studenti hanno lanciato la manifestazione per il 9 molte sigle sindacali a livello nazionale e locale hanno detto «non è possibile, bisogna reagire, non possiamo mobilitarci solo il 31 marzo, dobbiamo scendere in piazza anche il 9 e farne una grossa giornata di piazza». Possiamo allora sperare che la giornata del 31 marzo [quando è prevista una nuova mobilitazione] non sia solo una giornata tra sindacati che segni la fine delle agitazioni iniziate oggi, ma che, come pare succederà, ancora una volta gli studenti si uniscano alla lotta. Sembra infatti che siano previste tanto per il 31 quanto per il 17 Marzo nuove iniziative da parte dei giovani dei licei e delle università.
Cosa rappresenta per voi il 31 Marzo?
La data è stata scelta a livello nazionale e intersindacale all’ultima riunione che c’è stata con tutte le confederazioni nazionali e Sud Solidaire. C’è stata una convergenza totale sull’idea di fare di quella data una giornata di mobilitazioni intersindacali e intercategoriali, con la speranza che al di là dei lavoratori vi siano anche altre figure, come gli studenti, i disoccupati, i disorganizzati, i migranti regolari e irregolari.
Il discorso portato in piazza da Solidaire oggi quale è stato e come si rapportano a questa proposta di legge le altre sigle sindacali?
La nostra posizione è stata netta, chiediamo il ritiro integrale e senza condizioni della proposta di legge sul lavoro. Una legge che afferma l’idea di pagare meno i lavoratori, anche con riferimento agli straordinari, per noi è inaccettabile, nemmeno lontanamente negoziabile. C’è da dire però che questa non è la posizione di tutti i sindacati. Dal 2010 in particolare le organizzazioni sindacali sono molto divise. Un sindacato come la CFDT (Confédération française démocratique du travail) fin dall’inizio ha concertato con il governo Hollande e per loro alcune cose sono negoziabili. Peccato che quando un sindacato di grossa portata come questo, ben radicato tanto nel settore pubblico quanto in quello privato, si siede con il governo al tavolo delle trattative e rinuncia alle mobilitazioni, le cose si complicano e diventa difficile far convergere tutti i lavoratori. Non c’è una posizione sindacale univoca rispetto alla legge sul lavoro. La convergenza dei lavoratori è garantita dalle sigle sindacali che hai visto oggi in piazza : CGT (Confédération générale du travail), Sud Solidaire, Force Ouvrière, FSU (Fédération syndicale unitaire). La politica generale di Solidaire è quella dell’unità più larga possibile tra figure differenti, ma un’unità capace di mantenere le differenze che persistono tra i diversi gruppi e che non debbono in alcun modo essere nascoste. Noi ricerchiamo sempre una convergenza.
Qual è in legame tra l’azione del 1 marzo e la mobilitazioni di oggi? Quali sono i legami tra la giornata di oggi e i percorsi europei come Blockupy e il Trasnational Social Strike in cui Solidaire si trova ad agire?
Il primo marzo è stata una giornata dedicata allo sciopero sociale transnazionale che faceva appello ai lavoratori precari e non, così come oggi certamente in piazza siamo di fronte a una mobilitazione che vede nuovamente precari, operai, studenti gli uni accanto agli altri, contro una legge sul lavoro che non fa altro che precarizzare. Una legge che tocca i salari tocca tutti. La proposta di legge francese è del tutto simile alle misure che hanno toccato l’Europa del Sud, Spagna, Italia, Grecia. Vediamo una coerenza in tutte queste manovre che riguardano il lavoro. A livello europeo i datori di lavoro vogliono pagare salari più bassi possibile e i governi, con il pretesto di ridurre le spese per far ripartire l’economia, fanno delle leggi che contraggono i salari. Noi sappiamo bene che riducendo i salari o aumentando le ore di straordinario la disoccupazione non si abbasserà. Qui la disoccupazione supera il 10%, è una cifra importante e per noi di Solidaire sarebbe necessario in primo luogo ridurre l’orario di lavoro a 32 ore a settimana, condividendo così il lavoro. Ci tengo a specificare che ciò che si deve condividere è il lavoro e non il salario! Non siamo in una logica al ribasso come nei contratti di solidarietà! Quanto a Blockupy e alla Transnational Social Strike Platform, sono reti europee e all’ultimo incontro a Berlino, ma anche a Poznan, per esempio, abbiamo constatato davvero l’estensione della rete di attivisti e militanti che ne fa parte. Secondo noi è una possibilità aperta per il futuro. Dobbiamo spingere in quella direzione perché il discorso portato avanti da queste reti, come un salario minimo europeo senza condizioni di nazionalità e di documenti è fondamentale anche con riferimento al lavoro e alla sua organizzazione in ogni singolo Stato. Ma so benissimo che nemmeno su questo terreno c’è unanimità, nemmeno tra i movimenti di attivisti e di sindacati. Ma c’è un legame tra quelle rivendicazioni e quelle che portiamo in piazza oggi.
Ma in tutto ciò dov’erano i collettivi dei migranti che qualche giorno fa, il 4 marzo, sono scesi in piazza contro lo sgombero della «jungla» di Calais?
La situazione dei migranti e dei collettivi dei migranti non è unitaria. Molti collettivi che si occupano di questioni legate ai migranti non riescono a scendere in piazza assieme, hanno spesso posizioni contrastanti. Per certi versi è come se i migranti, penso in particolare agli irregolari, non si sentissero chiamati in causa oggi. Bisogna dire che i migranti irregolari sono pagati in nero e gli straordinari a loro non sono mai pagati. È vero che se dovessimo metterci nei panni di un migrante irregolare oggi, rispetto a questa proposta di legge in cui si chiede di ridurre ad esempio il costo degli straordinari… beh, intanto a lui cambia poco. La condizione dei migranti senza permesso di soggiorno per certi versi è talmente pionieristica in termini possibilità di sfruttamento sul lavoro, che una legge come quella di cui si discute e contro cui ci si mobilita in questi giorni apparentemente non li chiama in causa… è vero che noi siamo in connessione con dei lavoratori migranti ma forse in Francia e anche in Europa ci sono molte ragioni che rendono difficili delle convergenze e che rendono difficili le mobilitazioni con i lavoratori migranti. Si fa fatica a superare le barriere che ci separano al fine di produrre delle mobilitazioni comuni, ma è importante provarci.