martedì , 24 Dicembre 2024

Sotto la rossa stella di Venere

di FLORIANO MILESI

VenereDurante il discorso di apertura e anche durante quello di chiusura del semestre europeo pronunciati dal nostro premier non sono passati inosservati i riferimenti a Omero. Abbiamo così scoperto che la nostra condizione va dal figlio al padre, da Telemaco a Ulisse. D’altra parte, secondo la lettura di un noto psicanalista italiano, semplificando con l’accetta, la generazione attuale è la generazione Telemaco, ossia quella che attende il Padre. Renzi l’ha preso alla lettera e, probabilmente cercando su Wikipedia, ha scoperto subito chi è. Convinto di fare chissà quale spoiler non ha resistito e l’ha detto a tutta Europa.

È però notizia di questi giorni che il discorso e anche la citazione colta non erano farina del sacco di Renzi, bensì di una ghostwriter precaria. Visto che il discorso aveva più di 140 caratteri avremmo dovuto capirlo da soli, ma adesso lo sappiamo per certo perché Andrea, la ghostwriter, ha dichiarato di aver abbandonato quel ruolo. Il motivo è semplice: era sfruttata e, più che malpagata, semplicemente non era pagata. Le toccava vivere in un mondo fatto di promesse non mantenute, un mondo nel quale, quando sono richiesti responsabilità e adattamento, si deve essere pronti a capire un implicito comando di sottomissione. Se vi viene in mente il Jobs Act è solo perché è proprio così.

Mi piacerebbe dire qui due cose ad Andrea e a tutti quelli che si identificano con il mediocre Telemaco, il responsabile figlio in attesa del padre. I lavoratori così sono tanti soprattutto nei luoghi dove precarietà e sfruttamento sono diffusi. Per farlo utilizzo in modo molto arbitrario la storia di Telemaco e di Ulisse, perché la storia e il contesto sono importanti.

Io non mi sento Telemaco, io non mi sento il figlio perdente degli Achei vincitori. Telemaco è figlio di Ulisse, coinvolto nella lunga guerra narrata nell’Iliade. Ulisse combatte per gli Achei, in una guerra che vede coinvolte la lega delle città occidentali contro la città di Troia. È una guerra lunga, dagli esiti incerti, che vede infine trionfare i greci grazie al tranello escogitato da Ulisse, il proverbiale cavallo di Troia. Ma io mi sono sentito sempre più vicino ai troiani e, se proprio devo trovare un personaggio che mi rappresenti, non può essere che Enea. Enea vede crollare Troia, ma non si ferma a piangere i morti: né il disprezzato Priamo, né il suo compagno di battaglie Ettore. Enea parte per fondare un nuovo mondo. Enea ha come punto di riferimento Venere, sua madre, e migra per reclamare la sua parte di Storia.

Per tornare ai nostri giorni, penso sia il momento di rendersi conto che essere Telemaco è una scelta. Possiamo continuare ad attendere il realizzarsi delle promesse fatte da un padre cinico, colonizzatore e sfruttatore, che ci vende il suo mondo come l’unico mondo possibile. Oppure possiamo prendere a nostra volta la nostra nave, in un tentativo di fondare un nuovo mondo. Perché anche se Troia è crollata, noi siamo ancora vivi. Perché siamo migranti anche senza dover andare altrove. Perché anche se non potremo veder sorgere il sol dell’avvenire, Venere è pur sempre la stella del mattino.

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