Che esistano 500 pezzi di un cosiddetto blocco studentesco, con i crani perfettamente a loro agio in via Lombroso, che invece di pensare, come dovrebbero, ai loro viaggi su Marte vogliono vomitare su bersagli facili la propria ignorante frustrazione, è qualcosa di sicuramente disgustoso.
Che nella loro sceneggiata tristemente neofascista abbiano coinvolto anche degli studenti è ancor più deprimente. Che nessuno abbia fermato la pagliacciata di questi esseri miserevoli, che nessuno si sia opposto al fatto che 90 ragazzi fossero lasciati fuori da scuola per colpa di 500 idioti muniti di tricolore, è quasi da vomito.
Che un diritto sancito dalla costituzione, quale il diritto all’istruzione, venga frantumato sotto il peso di un gruppuscolo ignobile e scarso, è indignante. Che le istituzioni nominalmente preposte alla difesa di quel diritto riescano solo a indignarsi a posteriori, la dice lunga sulla loro dignità istituzionale, tanto sbandierata quando si tratta di difendere altri poteri più o meno forti.
Ma il fatto che quando si parla di rom si parli ancora di nomadi, nonostante vivano nel campo di Torrevecchia da 30 anni, è una leggerezza inaccettabile. Il fatto che le associazioni educative per difendere, giustamente, i bambini e ragazzi con cui lavorano da anni, debbano giustificarsi dicendo che lo fanno per amore di accoglienza e inclusione (dopo 30 anni!) non è solo miope, ma rischia di conformarsi indirettamente al gioco di Casa Pound e dei suoi amici. Che i rom vadano integrati, assimilati, è una retorica che finisce per nascondere quello che Casa Pound vuole ignorare: che i rom, in quel campo da 30 anni, sono italiani tanto quanto loro. Il buonismo umanitario finisce sempre per essere l’altra faccia di una retorica dell’emergenza che giustifica ogni obbrobrio razzista.
E che dire del fatto che si voglia negare il diritto all’istruzione a dei bambini di origine migrante, o nomade come sono stati definiti dai giornali? Ricordano qualcosa i casi di respingimenti scolastici di alunni migranti, esclusi dalla scuola perché le aule erano troppo piene, rimandati a casa senza neanche una spiegazione e nessun aiuto di come fare a iscriversi da qualche altra parte?
Inutile ribadire che tutto ciò è permesso grazie agli anni di razzismo istituzionale che tutti noi abbiamo alle spalle, ma che pesano come un macigno sulle vite di migranti e rom. L’unica risposta al razzismo di Casa Pound è la lotta a ogni razzismo istituzionale. Senza le istituzioni che giocano alla selezione su basi razziali, all’esclusione tecnica, al degrado progressivo della scuola pubblica non ci sarebbe nessuno spazio per casa Pound. Nella loro seriale inutilità quelle teste rasate non interesserebbero neppure a Cesare Lombroso.