martedì , 24 Dicembre 2024

Le superiori virtù dei negri e la ragione di Mario

Negri italiani, stranieri che vogliono esserlo, donne che non stanno al loro posto. L’uguaglianza non è mai stata così difficile da eludere come negli ultimi decenni.

In un saggio vecchio ma più che mai attuale Bertrand Russell scriveva delle presunte superiori virtù che gli oppressori riconoscerebbero agli oppressi al fine di garantirne la specifica umanità. In breve, queste superiori virtù dovrebbero essere manifestate continuamente per permettere agli oppressi di accedere al magnifico giardino dell’uguaglianza. Russell, all’epoca, aveva preso ad esempio due figure tipicamente oppresse, le donne e i bambini, ma siamo certi che, se fosse ancora in vita, vi avrebbe aggiunto i migranti .

Impossibile pensare l’uguaglianza attraverso se stessa, almeno per alcune categorie di persone. Per esempio, se le donne non sono delle «persone sensibili e orientate alla cura» sono malefiche; allo stesso modo, se non sono in grado di fruttare di più dei bianchi, i negri possono pure fare altro invece che reclamare una diversa uguaglianza. Se sei uno straniero e per di più negro, per essere come gli altri devi essere più degli altri, un uguale diseguale, altrimenti ti meriti di essere oppresso. Non devi nemmeno provare ad accusare i bianchi della tua condizione, che è poi la naturale condizione di oppressione che vivono migliaia di negri. Se, ahinoi, sei negro, devi farti sfruttare più degli altri per essere un buon lavoratore ed esser uguale agli altri buoni lavoratori italiani (quelli bianchi). Se, ahinoi, sei negro, non puoi pensare di sbagliare, incazzarti, accusare come fanno i bianchi, né tanto meno pretendere di guadagnare un mare di soldi. Sei negro, quindi devi solo startene calmo e farti un culo così e, se non riesci a tener la bocca chiusa in un momento in cui va tutto a rotoli, ti prendi pure tutte le responsabilità.

Lo sappiamo. Molti stanno pensando a Mario B., quello che un giorno incarna il mito della resurrezione e la virile speranza della patria vittoriosa e il giorno successivo diventa l’unico responsabile del suo fallimento, ovvio colpevole di quanto accaduto, prima di tutto perché gli manca la bianchezza del patriottismo. Potremmo persino non stupirci dei toni nazionalistici del mondiale, che non prometteva bene già prima delle accuse scagliate contro il negro di turno e si è poi rivelato una perfetta maschera per i patrioti razzisti, particolarmente risentiti nel momento in cui la nazionale è stata sconfitta da un «paese del terzo mondo». Ma tutto questo va ben al di là del mondiale. Perché se uno statuto formale di uguaglianza Mario ce l’ha sicuramente, è a livello informale che il razzismo prende piede. Non basta essere muniti di residenza e carta d’identità italiana se poi non dimostri attraverso le tue azioni quotidiane di meritartela davvero la definizione di «italiano».

Per essere italiano un negro deve fare una scelta di campo: o stare tra i negri fenomenali, quelli che fanno provare fierezza ai bianchi, quelli che hanno la velocità e il ritmo nel sangue, oppure stare tra i negri che vengono sfruttati in cambio di un bene che è tutto bianco. Ovviamente entrambe le posizioni non accettano nessuna messa in discussione, nessuna possibile deviazione dalla norma vigente dell’uguaglianza: o sei un negro meritevole oppure no, secondo una tradizionale classificazione dei poveracci oggi riproposta in chiave etnica. Se per Mario l’italianità si gioca letteralmente su quanti goal riesce a fare, per molti altri negri dipende da quanto sono disposti a farsi sfruttare. Incazzarsi sembra controproducente per loro, incazzarsi aggiungerebbe del patologico a una condizione di diversità: già sei diverso, in più sei pazzo.

Mario ha ragione e la ragione è dalla parte di Mario quando dice che i negri come lui non lo avrebbero scaricato in questo modo. I veri italiani sono infatti un’altra cosa: sono quelli che pensano che lui e quelli diversi come lui o fanno goal anche quando vanno a fare la spesa o devono andare a farsi sfruttare insieme alle altre migliaia di negri. L’uguaglianza tanto ricercata per loro è questa, altrimenti sono solo fatti loro.

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