venerdì , 15 Novembre 2024

Razzismo istituzionale negli Usa. Nel crepuscolo del diritto

Razzismo istituzionale negli Usadi FELICE MOMETTI, da New York

La notizia dell’assoluzione di George Zimmerman, autore dell’omicidio di Trayvon Martin, arriva alle 9 di sabato sera sulla costa ovest degli Stati Uniti e nel giro di un’ora ci sono manifestazioni di protesta a Oakland e San Francisco. Trayvon Martin, giovane diciassettenne afroamericano, è stato ucciso la sera del 26 febbraio dello scorso anno in una piccola città della Florida mentre tornava a casa dopo aver comprato dei dolciumi in una drogheria. George Zimmerman, capo di una ronda armata di cittadini del quartiere, lo ha seguito, prima in macchina e poi a piedi, solo perche portava una felpa con il cappuccio alzato ed era di pelle scura. Travyon è stato ucciso perché ha reagito alle pressanti attenzioni del vigilante armato. Essendo giovane, nero e indossando un abbigliamento tipico dei ragazzi della sua età era di per sé sospetto agli occhi di un «volontario dell’ordine». George Zimmerman non fu arrestato subito, perché secondo la polizia della Florida, in base ad una legge in vigore in quello Stato, avrebbe agito per legittima difesa. Ci volle una petizione nazionale che raccolse quasi due milioni di firme, centinaia di manifestazioni in tutto il paese e la dichiarazione di Obama: «Se avessi un figlio maschio sarebbe come Trayvon», per farlo arrestare 44 giorni dopo l’omicidio. La giuria che lo ha assolto era composta da sei donne di cui una sola afroamericana e gli avvocati di Zimmerman hanno impostato la difesa facendo una campagna politica contro quello che, a loro avviso, è l’uso eccessivo del «pregiudizio razziale» in casi di questo genere. La sentenza di non colpevolezza riguarda perfino l’accusa di omicidio colposo e non solo quello volontario. Zimmerman è dichiaratamente un sostenitore di idee suprematiste bianche pur essendo un white-spanish, e in passato è stato arrestato per una rissa con un poliziotto, reo – si fa per dire – di non aver fatto il proprio dovere, ed è stato  accusato da una cugina di aver abusato di lei per una decina di anni. Il processo è stato seguito da tutti i media main stream americani e le previsioni fatte, soprattutto in campo democratico, parlavano di una condanna per omicidio colposo. Razzismo istituzionale negli Usa3Non è andata così. La sentenza mostra come il razzismo istituzionalizzato si sia fatto strada anche nel campo del diritto formale. Tutti sono uguali davanti alla legge in termini astratti, ma le condizioni materiali come essere considerati soggetti pericolosi per l’ordine sociale, non avere accesso a livelli minimi di welfare e avere uno stile di vita non irreggimentato da regole prestabilite, determinano sentenze che mostrano tutta l’inconsistenza anche delle teorie sugli Stati Uniti come paese post-razziale. Le cifre della discriminazione razziale sono impressionanti e in continua crescita. In moltissime città americane le leggi federali vengono aggirate da sindaci e consigli comunali, attribuendo poteri da «stato di eccezione» alla polizia con il tacito consenso dell’amministrazione Obama. In pratica si delega localmente la gestione dell’ordine sociale in modo da garantire la riproduzione di un sistema politico e istituzionale che in tempi di crisi economica si regge ancor più sul controllo e il disciplinamento della popolazione soprattutto afroamericana e latina. È un razzismo non dichiarato, anzi spesso negato, che però si traduce in fatti e comportamenti consolidati. Il caso di Trayvon Martin, come quello del marzo scorso dell’assassino di Kimani Grey con 11 colpi di pistola da parte della polizia di New York, continuano a essere presentati come eventi eccezionali, frutto di situazioni particolari. In realtà sono «eccezioni» perché generano proteste e accendono le luci dei grandi media.

Razzismo di Stato negli Usa2Domenica 14 luglio ci sono state manifestazioni in più di 50 città tanto da far dichiarare al portavoce del Dipartimento di Giustizia che si sta valutando la possibilità di rivedere la sentenza. A New York si è svolta la manifestazione più partecipata. Parecchie migliaia di persone si sono radunate a Union Square e hanno dato vita a un corteo non autorizzato che ha raggiunto Time Square. Un percorso lunghissimo che ha cambiato più volte direzione tra le vie perpendicolari di Manhattan, tanto da sorprendere la polizia e bloccare per ore il centro della città. Una composizione del corteo che combinava la presenza di molti attivisti della prima ora di Occupy Wall Street a quella delle comunità nere di Harlem e di Brooklyn. Da tempo non si vedeva a New York una manifestazione che veniva applaudita dai passanti, da molti taxisti afroamericani che – pur bloccati nel traffico fermo – esprimevano solidarietà, che ha raccolto il sostegno persino da un gruppo di Hell’s Angels in sella alle loro motociclette. Nei prossimi giorni si vedrà se dalle manifestazioni si formeranno comitati e coordinamenti che daranno continuità alla protesta. Le premesse ci sono.

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