Il 30 giugno a Bologna si sono incontrate alcune delle realtà che negli ultimi mesi hanno dato vita a importanti momenti di lotta e di sciopero e che, in luoghi diversi, ogni giorno si pongono il problema di organizzare l’insubordinazione nella precarietà e contro di essa. Il punto di partenza condiviso è che, per quanto sia necessario consolidare il radicamento nei territori e attraversare le diverse situazioni di lavoro, questo non è sufficiente. La difficoltà generalizzata ed evidente di articolare una risposta adeguata alla riforma del mercato del lavoro mostra che oggi è quanto mai urgente costruire un tessuto capace di agire al di là del livello soltanto locale, producendo un’iniziativa politica condivisa.
Per noi è chiaro è che non esistono modelli di organizzazione della precarietà che siano adeguati a ogni contesto e perciò esportabili. Noi partiamo dalla differenza delle esperienze per capire che cosa possono dire su un piano più generale. Dopo l’assemblea bolognese del 28 aprile, e soprattutto dopo i primi scioperi del settore, noi crediamo che le lotte dei precari del welfare – educatrici e operatori – rappresentino un terreno essenziale di intervento, che aggredisce direttamente non solo la condizione di precarietà che quelle lavoratrici e quei lavoratori vivono, ma anche una leva di precarizzazione che attacca, con i tagli sempre più generalizzati, i redditi di tutti. Questo terreno di intervento, da qui in avanti, va ulteriormente allargato, poiché inevitabilmente chiama in causa non soltanto la gestione locale dello sfruttamento da parte di enti e cooperative di servizio, ma anche le decisioni che sulla pelle dei precari vengono prese dal governo nazionale. Noi crediamo che le lotte dei migranti debbano espandersi e trovare nuova centralità, perché su di loro si gioca un pezzo importante della precarizzazione di tutti e tutte, e perché nella crisi va contrastata con decisione ogni espressione di razzismo istituzionale volta a dividere e indebolire l’intero corpo precario. Noi crediamo che quella dell’organizzazione della precarietà resti una sfida aperta, da affrontare con continuità per avere la capacità di essere espansivi. Esperienze e progetti come quelle degli “sportelli”, ad esempio, pongono ogni giorno il problema di non limitarsi a offrire servizi di consulenza o aprire vertenze, ma di catalizzare l’insubordinazione individuale nell’orizzonte di forme inedite di organizzazione politica contro la precarietà.
Noi non rinunciamo alla sfida dello sciopero precario, ma oggi ci poniamo nella prospettiva di realizzare le condizioni che lo rendano possibile ed efficace. Queste condizioni non hanno a che fare con la semplice messa in rete dell’esistente, ma impongono di coinvolgere uno spettro più ampio di realtà ed esperienze di lotta a partire dalla condivisione di priorità, rivendicazioni, pratiche di intervento, una comunicazione efficace tra di noi e per la connessione di precarie, migranti, operai e studenti. Per questo ci impegniamo a realizzare, a partire da settembre, iniziative coordinate proprio a partire dalle lotte dei precari nel welfare e quelle dei migranti. Perciò ci saranno altri momenti di discussione nelle diverse città e tra le diverse realtà che lottano e si organizzano dentro e contro la precarietà: all’ordine del giorno non c’è la ricerca di facili ricette per l’avvenire, ma il problema di pensare un’iniziativa e un’organizzazione del prisma della precarietà che sia all’altezza della sua complessità attuale.
∫connessioni precarie
Coordinamento Migranti Bologna e Provincia
Collettivo Operatori sociali – Napoli
Coordinamento educatori precari –Monza Brianza e Milano
Operatori sociali non dormienti – Torino