domenica , 22 Dicembre 2024

Su la testa! Discutendo con una lavoratrice di Sicuritalia

Su la testaPubblichiamo un’intervista a una lavoratrice di Sicuritalia, una cooperativa che fornisce servizi di sorveglianza a molte aziende sul territorio nazionale. L’esternalizzazione del servizio è conveniente per le aziende e per la cooperativa grazie al fatto che i lavoratori assunti da quest’ultima vivono una precarietà fatta di un salario di 4,99 € l’ora e di disponibilità totale, sia a livello di orario sia delle mansioni da svolgere. I dipendenti di Sicuritalia tutelano la sicurezza delle aziende svolgendo un servizio indispensabile, ma nessuno si cura minimamente della loro quotidiana insicurezza: per loro, infatti, è impossibile programmare il tempo di lavoro e quindi quello di vita, perché devono adattarsi ai bisogni e ai tempi della cooperativa. Mentre sorvegliano, garantendo lo creazione indisturbata dei profitti altrui, vengono a loro volta sorvegliati e ricattati con la minaccia di lettere di richiamo che possono essere recapitate per qualsiasi pretesto non appena qualcuno prova ad alzare la testa. Mentre la spesa sempre minore per garantire i servizi lascia all’addetto la responsabilità di fornirlo in maniera adeguata, una cosa sembra interessare prima di ogni altra i datori di lavoro: la sicurezza dei profitti nella certezza dello sfruttamento. 

Che lavoro fai?

Il mio lavoro è «addetto alla sicurezza e all’accoglienza» assunto come socio di una cooperativa; la qualifica è di operatore logistico/controllo accessi/custode; il Contratto Collettivo Nazionale di lavoro applicato è quello sotto Confedilizia: dipendenti da proprietari di fabbricati. Siamo all’interno di portinerie e/o reception. Abbiamo varie mansioni, che cambiano a seconda della postazione: accogliamo le persone, gestiamo le chiavi, controlliamo le telecamere, smistiamo le telefonate e distribuiamo la posta. Siamo tenuti inoltre a riferire qualsiasi malfunzionamento degli impianti come caldaia, impianti audio, video e luci, e ad assicurare che nessun estraneo acceda alla postazione.

Qual è la tua situazione contrattuale?

Ho un contratto a tempo indeterminato, dopo aver superato 45 giorni di prova. Però è un contratto a tempo indeterminato con una cooperativa, quindi se la cooperativa se la vede male e non ha altri appalti in cui sistemarti, ti lascia a casa e ti costringe a licenziarti.

Che orari fai?

Gli orari sono ingestibili. Nel contratto sono previste dalle 24 alle 45 ore settimanali. Il lavoratore spesso copre più postazioni con orari differenti: le postazioni sono da coprire quasi sempre 24 ore, festivi compresi, non vanno mai lasciate sguarnite. Ogni postazione di media ha non meno di 2 lavoratori, che devono coprirsi a vicenda, più andare a sostituire colleghi malati in altre postazioni. I turni cambiano ogni mese, per far raggiungere a tutti i lavoratori le ore minime e usando gli stessi come tappabuchi. I giorni di riposo variano di settimana in settimana e spesso saltano anche all’ultimo, perché si è costretti ad andare a coprire colleghi malati, in quanto è l’unico modo per fare più ore. È quasi impossibile prendere impegni perché gli orari possono cambiare anche all’ultimo, si è sempre reperibili per sopperire mancanze di personale, però non si è pagati per questa totale disponibilità. Di notte ci sono le guardie armate, ma spesso le ditte per risparmiare prendono portieri non armati, in quanto le guardie armate costano molto di più.

Quanto vi pagano?

Ci pagano 4, 99 € lorde l’ora, più la maggiorazione di 80 centesimi l’ora nei festivi. Le ferie vengono pagate calcolando 4 ore giornaliere. La malattia nei primi 3 giorni non è pagata, è pagata al 40% dall’Inps dal quarto giorno. È da tener presente che quasi ogni mese in busta paga vengono pagate meno ore di quelle reali, quindi bisogna controllare e protestare.

Può capitare che non ti chiamino per un po’ di tempo?

Solitamente si ha almeno una postazione fissa, più altre da andare a coprire in caso di assenze. Tutto deve essere organizzato in modo tale che ogni lavoratore raggiunga almeno le ore minime da contratto e che ogni postazione venga coperta. Essendo un contratto elastico da Part-time 24 ore a Full-time 45 ore, non puoi prevedere quante ore mensili arriverai a fare. Si spera sempre che non vengano persi appalti, in tal caso si va in esubero personale, e tutti a turno veniamo messi in ferie forzate, in più si dividono le ore sulle postazioni rimaste, una specie di cassa integrazione.

Ci sono stati momenti di lotta contro queste condizioni di lavoro nella tua cooperativa?

Ci sono spesso ripicche nei confronti della cooperativa, quella più classica è mettersi in malattia, peccato che è a sfavore nostro perché non veniamo pagati i primi 3 giorni, la cooperativa impazzisce a coprire le assenze, ma qualcuno alla fine lo trova sempre. C’è chi, per un motivo o per un altro, si ribella stando a casa, lavorando male e procurando disservizi, ciò colpirà sicuramente la cooperativa ma alla lunga è controproducente, in quanto la ditta che ci dà lavoro può stancarsi, mandarci via, dare l’appalto a un’altra cooperativa e ci si ritrova senza lavoro. Non penso che il danno si faccia con ripicche per capricci, penso che sia necessaria un’azione comune per apportare un danno maggiore che stimoli a un miglioramento delle condizioni, della serie «guardate che così avanti non si và, parliamone». C’è chi si para dietro ai sindacati, chi minaccia azioni legali, chi vuole andare in televisione a raccontare la nostra situazione, il problema è che non siamo gli unici, non è un caso isolato il nostro: in Italia i contratti, le cooperative e queste misere condizioni contrattuali esistono perché c’è chi ci guadagna e chi le permette, è la legge che acconsente. Andare contro per ricevere danni a proprio carico e far fatica ad andare avanti nel quotidiano è assurdo, c’è bisogno di migliorare le condizioni dei precari e dei contratti, bisogna andare alla fonte del problema, che non è nelle cooperative, ma nello Stato.

Ma se fossero in molti a partecipare alle lotte, secondo te si riuscirebbe a evitare che i danni si riversino sui pochi che si fanno sentire?

Sì, ci vorrebbe una ribellione comune, gestita insieme. Però indipendentemente dalle regole, giuste o sbagliate che siano, un po’ di correttezza ci vuole, penso sia controproducente lavorare male perché ci pagano male, penso sia più utile lavorare al meglio delle proprie possibilità, per poi avere il diritto di farsi sentire e di farsi valere. Io ho bisogno del lavoro, ma lavorando bene, devo fare in modo di essere indispensabile per la cooperativa, in tal modo, se la cooperativa non vuole perdermi perché valgo, magari è più propensa ad ascoltarmi e a venirmi incontro.

Però in questa situazione c’è chi ci guadagna: l’azienda, che se assumesse direttamente dei dipendenti li dovrebbe pagare di più, e la cooperativa che vince gli appalti.

Certo, è un gioco al ribasso: vince chi fa pagare meno, a discapito della qualità del servizio, ma purtroppo in Italia c’è questa furbata di appaltare a ditte esterne, perdendo in qualità e acconsentendo a condizioni lavorative incivili. Occorrono modifiche tipo stipendio minimo garantito, più controlli da parte dello Stato e tutele minime. Dal momento che noi ci rendiamo disponibili, sarebbe giusto che ci venga corrisposta una giusta retribuzione, e che ci vengano concesse più tutele. La cooperativa pensa solo a prendere i soldi degli appalti e l’azienda è contenta perché risparmia. I coordinatori dicono che se ci fossero problemi, sono disponibili, ma in realtà hanno risorse limitate anche a livello di gestione interna. In definitiva noi siamo l’ultima ruota del carro, al cospetto dei dipendenti siamo i poveri precari malpagati e soggiogati. Siamo i primi a saltare se qualcosa va male e siamo usati come capro espiatorio.

Secondo te è possibile che i lavoratori della cooperativa si mettano insieme per evitare questo gioco al ribasso?

Non si sa come coordinarsi in un’azione comune. C’è sempre quello che ha paura, quello che ha famiglia, quello a cui bastano questi due soldi, quelli che si nascondono. Il problema è che non essendoci altre possibilità, si accettano le cose così come sono! Sono pochi quelli che dicono: «siamo giovani, non possiamo andare avanti così, che futuro abbiamo?». Dovrebbe essere una presa di coscienza comune, con obiettivi comuni, se non ci ribelliamo noi che queste ingiustizie le subiamo, chi altro può farsi sentire? Siamo troppo abituati a chinare la testa! È difficile venirsi incontro, e poi è un attimo: mandano a controllare nelle postazioni, cosa non legale secondo lo Statuto dei Lavoratori, quindi subiamo costantemente terrorismo psicologico. Dovrebbero essere loro a portarci più rispetto, visto che è grazie a noi che loro guadagnano, dato che prestiamo la nostra forza lavoro e che ci mettiamo la faccia.

Che controlli mandano?

Ci sono sempre persone che, per essere ben viste o per ricevere un trattamento migliore, spiano e vanno a riferire brutte azioni per screditare un collega, oppure il classico scarica barile, uno lavora male ma scarica la colpa sul collega per non prendersi le sue responsabilità. Ci sono sempre lotte tra colleghi o brutte voci sulla cooperativa, tipo che non versano tutti i contributi, che pagano meno ore di quelle che dovrebbero, chi dice che è stato licenziato senza motivazioni. Non sai di chi fidarti perché spesso quelli che parlano male alle spalle di colleghi, sono i primi ad avere colpa perché essi stessi lavorano male, e poi ci sono quelli che mandano avanti gli altri. Basta un niente per andare di traverso ed essere presi di mira: chi si fa sentire riceve spesso controlli in postazione, viene chiamato per andare a coprire postazioni lontane, subisce un vero e proprio mobbing. Non abbiamo neanche ricevuto una copia intera del regolamento interno della cooperativa. Dobbiamo portare una divisa che spesso si usura e non viene sostituita, ci è stato detto che dobbiamo arrivare in postazione dieci minuti prima per passare le consegne al cambio turno. Basta che ti beccano senza divisa, che fai più ritardi, che ti rifiuti di andare a coprire altre postazioni, che inizi a fare troppe assenze, e trovano il modo di recapitarti una lettera di richiamo.

Quante lettere di richiamo può ricevere una lavoratrice prima di essere licenziata?

Io so che dopo la terza lettera di richiamo è possibile il licenziamento. Loro giocano molto su questa cosa. Se tu lavori bene per loro e non gli causi disturbo, loro ti lasciano in pace, se invece ti permetti di alzare troppo la voce, devi aspettarti di tutto. Gli appigli li trovano perché hanno avvocati dalla loro parte e conoscono le regole meglio di noi, hanno il coltello dalla parte del manico.

Ti sei mai rivolta a un sindacato e pensi che possa essere uno strumento utile?

Io ho sentito di colleghi che si sono fatti avanti con il sindacato ma perché non sanno niente né dello statuto dei lavoratori né dei diritti dei lavoratori e secondo me, da lavoratori, informarsi è sempre meglio.  So che c’è un sindacato apposito per le cooperative. Conosco persone che sono andate a chiedere aiuto, ma in molti casi non lo hanno ricevuto. O è qualcosa che apporta più credibilità e visibilità al sindacato stesso, oppure non si interessano di piccoli casi. Ad alcuni hanno proprio detto: «Non possiamo fare niente e non ci interessa».

Scioperare è possibile? E porterebbe a dei miglioramenti?

Avrebbe un suo effetto se lo facessimo in molti, scioperare è un diritto, se lo facciamo in tanti non si possono rifare su tutti e il danno sarebbe rilevante. Gli scioperi sono uno degli strumenti che abbiamo faticosamente guadagnato, per far presente la nostra indignazione. Per essere utile, lo sciopero deve apportare un danno alla cooperativa. Chi sciopera, protesta contro le pessime condizioni lavorative, chiede un miglioramento a livello governativo.

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