martedì , 5 Novembre 2024

Tre precarietà. La storia di R.

Intervista realizzata in connessione con Migranda

Dove lavori, da quanto tempo e con quale tipologia contrattuale?

Sono un’operaia metalmeccanica, vengo dalla Romania, e negli ultimi anni ho cambiato diverse fabbriche con contratti a termine di un mese.

Come vivi la tua precarietà?

All’inizio la vivevo con la speranza che questa situazione di precarietà sarebbe finita prima o poi, quindi speravo sempre di essere assunta. Adesso ho un po’ di problemi perché non ho più la speranza di essere assunta oppure è molto piccola. Ho dei colleghi che hanno sessant’anni e sono ancora precari, quindi se a sessant’anni siamo ancora precari, come si fa a sperare di essere assunti? Mi rendo conto che la ditta non ha nessuno interesse ad assumerci, perché poi le persone che hanno un contratto fisso fanno delle cose che non sono tanto in regola e quindi a noi precari ci sfruttano per compensare i punti deboli degli altri.

In che senso fanno delle cose non in regola?

Per esempio stanno molto a casa molto in malattia, anche quando non sono malati, c’è tanto assenteismo e tanto disinteresse da parte dei lavoratori fissi. È comprensibile, no? Tanto vedi che sei sfruttato e preso in giro. È normale questo disinteresse da parte loro, è una cosa che deve essere inserita nel suo contesto. Però per questo disinteresse da parte loro adesso i capi si stanno riscattando con noi interinali, quindi è una situazione un po’ particolare.

Che formazione hai? Corrisponde con il lavoro che stai facendo?

Ho una formazione letteraria: ho fatto l’università di lettere in Romania, poi in Francia ho fatto un master in letteratura comparata sul dialogo tra letteratura e arte. Adesso faccio l’operaia metalmeccanica…beh posso avere uno sguardo filosofico sul mio lavoro, al massimo! I legami si trovano!

Perché non riesci a utilizzare i tuoi studi?

Nessuno ha bisogno di letteratura adesso, né in Romania né qui. Anche parlando inglese e francese, ci sono tanti madrelingua. Una persona straniera che parla francese e inglese gli interessa di meno. In tutto ho cinque curriculum! Al punto che non so più quale mandare, devo fare una tabella per ogni ditta a cui lo mando per ricordarmi quale ho mandato. Ho proprio un piano di marketing! Li invio a seconda del lavoro che sto cercando: per un operaio una laurea non conta, anzi dopo ti prendono in giro, se per caso sanno che hai la laurea, ti dicono che non sei capace di fare un lavoretto anche semplice, mentre loro sono capaci. Dicono: “Ah, io che non ho la laurea riesco a farlo, mentre tu, che sei laureata, non sei capace!”. È meglio non dirlo perché poi ti si ritorce contro a livello lavorativo: nel settore metalmeccanico, ci sono diverse persone non laureate che hanno una specie di invidia, per cui quando ci sarà qualcosa che non andrà, e c’è sempre qualcosa che non va, questo torna a tuo svantaggio.

In che modo il fatto di essere una donna ha influenzato la ricerca del lavoro e influenza il tuo lavoro?

Beh, magari una può utilizzare certe cose per ottenere certi vantaggi. Ad esempio a un colloquio se hai una bella scollatura sei più sicura di ottenere un lavoro. È brutto perché è utilizzato il corpo della donna, magari ci sono delle cose che sono più importanti, come il curriculum, ma alla fine guardano più l’aspetto fisico. Se sei una donna conta come sei vestita, conta l’immagine. Magari lì davanti a un ragazzo puoi avere un certo successo però solo per un lavoro semplicissimo, banale, dove non conta il cervello.

E come può penalizzare il fatto di essere una donna?

Sei sempre in balia delle battute, ogni mossa che fai nella fabbrica c’è qualche battuta che spunta fuori, devi imparare a difenderti. Per me è difficile e strano perché non si sa molto bene come difendersi, perché o sei troppo aggressiva o se non rispondi e quindi va male. Devi trovare una via di mezzo e non è molto semplice, perché devi stare bene con i colleghi, quindi hai tutto l’interesse a non essere troppo aggressiva. Se sei vista come una ragazza troppo acida, dopo non ti prolungano il contratto. Però se stai al gioco e sembra che non te ne importa, dopo pensano che sei facile: comunque la giri alla fine non va bene, è un terreno molto delicato. Io conosco il medio metalmeccanico, non posso parlare di altri ambienti, e lì ci sono tanti uomini, magari in un ambiente più femminile la situazione è diversa, non lo so.

E come influisce il fatto che sei una donna nella ricerca del lavoro?

Durante i colloqui mi hanno sempre chiesto se ero sposata o fidanzata, io rispondo: “No”. “E ti vuoi fidanzare o sposare?”.”Sì, magari, un giorno”. “E vuoi avere figli? Noi cerchiamo una persona che non vuole avere figli, perché dopo rimane incinta e dobbiamo metterla in maternità e quindi non ci serve una persona così”. Una mia amica ha cominciato a dire che è sterile e io ho pensato di prendere la sua idea. Lei dice che è sterile e che c’è rimasta talmente male per questa sua sterilità che non ha intenzione neanche di adottare un bambino e che ha deciso che dedicherà tutta la sua vita al lavoro!

C’è stata qualche tua collega licenziata perché è andata in maternità?

Sì lasciata a casa perché è finito il contratto a termine e non è stata richiamata, sì ne conosco parecchie.

Ti sono stati offerti dei tipi particolari di lavoro proprio perché sei una donna?

Sì. Ragazza immagine in un bar. Se almeno assomigliassi a una velina, allora capirei l’offerta, però non assomiglio neanche a una velina!

Hai avuto delle pressioni da parte di qualcuno quando sei venuta in Italia per fare qualche tipo di lavoro oppure ti hanno sempre detto di fare quello che vuoi?

In generale mi hanno detto di fare quello che voglio, però sempre con una specie di indirizzo: tu sei straniera e quindi per forza devi fare la badante, come una cosa che io devo accettare. Io mi sono sempre rifiutata di fare la badante, mi dicevano che lo dovevo accettare come la mia sorte, come una predestinazione. Io mi sono sempre rifiutata. Sì, l’ho sentita questa cosa. Mi dicevano: “Alla fine fare la badante o fare le pulizie non è poi così male”. Io però preferisco fare l’operaia anche se è un lavoro molto più duro forse, però è diverso.

Come straniera nella tua fabbrica hai un trattamento diverso dagli italiani?

Sì pesa eccome. In particolare come rumena. Ci sono tante rumene che fanno le prostitute e questa cosa pesa moltissimo sui miei colleghi che dicono che noi rumene abbiamo una marcia in più a livello buono, ma anche a livello cattivo. Vedo che gli uomini italiani stanno ricattando le donne italiane dicendo loro che non sono più di moda. Adesso sono di moda le donne dell’est, perché hanno una marcia in più. Questo genera odio da parte delle donne italiane contro le donne rumene. In realtà è una cosa stupida: perché mai abbiamo una marcia in più? Perché loro hanno un’immagine della donna dell’est come di quella che gli porta pure le ciabatte a letto, hanno questa immagine che poi alla fine non è tanto vera. Altro che le ciabatte! Gli butto le ciabatte in testa, altro che gliele porto a letto! Gli uomini hanno interesse a mantenere questa immagine verso le donne italiane perché così le ricattano: “Ah voi non fate più delle cose per noi e allora noi vi rifiutiamo e prendiamo le donne dell’est che fanno tutto per noi!”.

Nella tua fabbrica ci sono state delle mobilitazioni contro i contratti precari? 

No. Ognuno lotta per il proprio interesse. I precari non hanno nessun potere.

C’è molta competizione tra i precari?

Tra i precari non tanto, siamo abbastanza uniti. A parte un caso particolare, di una persona che si sa che è lì perché raccomandata. Però in generale non c’è tanta competizione. Altrove ce n’era molta di più tra i precari, ma in questo momento no.

E tra precari e lavoratori a tempo indeterminato?

Sì quello sì. Perché ci guardano un po’ di traverso, ma non tutti, non è una situazione generale. Alcuni sì però sono scontenti, magari perché sono scontenti di tutto. Una mia amica mi diceva: “Guarda, tu ai loro occhi hai tanti difetti. Uno sei interinale, ed essere interinale è già un difetto. Due sei donna, che è un altro difetto; tre sei migrante, che è un altro difetto ancora. Hai tre grandi difetti per cui non ti possono accettare”. Noi invece siamo obbligati ad accettare tutto, lavorare il sabato, lavorare di notte e loro per questo non possono ottenere ciò che vogliono. Dall’altra parte, anche nel loro campo non c’è uguaglianza e solidarietà. Durante l’ultimo sciopero generale, per esempio, due fissi non hanno scioperato, però ce l’hanno comunque sempre con noi. Questo non è logico, per prima cosa loro devono essere uniti. Se loro si tradiscono, se decidono di non fare la notte e uno li tradisce e fa la notte, non è un bene per loro.

Allo sciopero generale hanno scioperato in tanti di quelli fissi?

Sì.

E quel giorno sono stati sostituiti dai precari?

Sì.

Quindi la fabbrica non ha subito dei danni con lo sciopero?

Loro in realtà sono molti di più. Noi precari in questa ditta siamo meno, quindi sì l’ha subito comunque.

Tu hai mai scioperato?

Ho fatto una specie di sciopero una volta. In una ditta in cui lavoravo prima, dove poi alla fine non mi hanno assunta, avevo chiesto quattro ore libere per fare lo sciopero, ho detto che volevo scioperare. È stato un mezzo sciopero, diciamo.

E poi ti hanno rinnovato il contratto?

Mi hanno rinnovato per un mese e poi mi hanno lasciata a casa.

Ci sono stati altri casi di qualcuno che ha protestato a cui poi non è stato rinnovato il contratto?

Sì ho sentito dei casi di ragazze che hanno scioperato con un contratto precario e non sono state assunte. Una sola ragazza ha scioperato con contratto precario ed è stata assunta, però lei conosceva qualcuno dentro la sua struttura che l’ha fatta assumere. È stato il solo caso, altrimenti ognuno che ha un contratto precario e fa sciopero rimane a casa. Non c’entra lo sciopero ma conosco un caso molto clamoroso: era un ragazzo, migrante, che ha subìto un infortunio gravissimo sul lavoro, si è tagliato un dito, dopodiché è stato addirittura licenziato. E poi un altro ragazzo anche lui migrante, che, uscito dal lavoro,  ha subìto un infortunio, cioè un incidente in motorino, nella mezz’ora dopo l’uscita dal lavoro, e ha avuto dei grossi problemi al lavoro. Queste cose, più l’essere migrante, sono un problema a livello lavorativo.

Sei mai stata iscritta a un sindacato?

No, perché di solito le ditte non apprezzano queste cose! M’iscriverò quando avrò un posto fisso! M’iscrivo e divento militante politica! Fino a quel momento lì starò buona…

E tra i tuoi colleghi precari nessuno è iscritto al sindacato?

Assolutamente no, perché rimarranno precari fino alla vecchiaia, non che io non rimarrò precaria… Non puoi essere precario e sindacalista.

Pensi che il sindacato sia utile?

Un pochino sì. Dipende dal sindacato. Conosco anche sindacalisti corrotti, quelli che ricevono la bustina dal titolare, e agli operai danno le briciole, qualcosa per accontentarli, per evitare delle stragi più profonde per il titolare. Per questo sono cauta verso il sindacato. Qualche cosa la può ottenere, però dipende.

Ti sei mai rivolta al sindacato?

Sì, per chiedere informazioni, ho avuto dei contatti.

Come mai?

Perché avendo dei problemi sul lavoro, ho cominciato a interessarmi dei diritti dei lavoratori e dei migranti. Mi sono rivolta al sindacato, al Centro Lavoratori Migranti della CGIL in via Marconi, per avere informazioni sul permesso di soggiorno, per tutti i documenti che ci vogliono, per essere in contatto insomma con la politica e con le leggi.

E ti è servito?

Sì, abbastanza. Ho capito che abbiamo certi diritti. Per esempio, ho capito la differenza tra infortunio e malattia. Grazie a loro l’ho capito perché prima non lo sapevo. Un ex titolare, quando ho avuto un infortunio sul lavoro, mi ha detto: “non osare dire che è stato un infortunio. Tu vai in ospedale e dì che ti sei fatta male a casa altrimenti non sei pagata e avrai dei problemi”. Poi ho capito la differenza tra infortunio e malattia, che se mi mettevo in infortunio ero pagata, eccome. Così facevo il gioco del titolare, che mi aveva presa in giro. Certe leggi devono essere conosciute.

Pensi sia possibile uno sciopero dei precari?

Sinceramente no, perché i precari non scioperano. Magari sciopereranno quelli che sono in casa con i genitori, quelli che sono mantenuti. Quelli che si devono arrangiare da soli non possono scioperare. Non hanno la sicurezza del domani, non avranno il contratto rinnovato.

Pensi che ci sia un modo in cui i precari insieme possano essere uniti e colpire una fabbrica?

Spero in un’unità dei precari, ma secondo me questa ci sarà quando staremo veramente male. Se guardo la situazione nei paesi arabi, la rivoluzione c’è quando la gente sta veramente male, quando ha fame. Noi ancora non stiamo male. Nessuno fa nulla. Ho detto alle operaie: “Perché non fate uno sciopero per bloccare tutta la ditta? Quello è uno sciopero. Non si può fare solo dalle 4 alle 6 perché non otterrete nulla”. Ma vedo che in Italia è una situazione generale, non è solo in quella ditta, tutti sono così. Non hanno il coraggio di lottare veramente e se non lottano veramente non ottengono nulla. Ognuno pensa “se faccio questo avrò delle sfighe”…. alla fine si pensa che non vale la pena di rischiare. Quando la gente non avrà soldi per comprarsi da mangiare allora si rivolterà e ci sarà l’unità.  Magari l’unità della disperazione, l’unità del cervello no! Non ci si mette insieme perché siamo sfruttati ma perché abbiamo fame. Ancora non siamo a quel punto.

Se si facesse uno sciopero precario parteciperesti?

Nelle condizioni di adesso no. Se avessi un lavoro fisso, con contratto a tempo indeterminato sì. No, perché non partecipa nessuno dei precari. Quelli con il posto fisso alle volte ci hanno tradito. Avevano delle rivendicazioni da fare e nulla da rischiare però non hanno partecipato, si sono coalizzati contro i loro colleghi. Figurati con noi, ci pugnalano alle spalle… Per noi quelli che sciopereranno saranno quelli che non hanno voglia di lavorare e alla fine, invece di stare con noi, discreditano il nostro progetto. Un conto è scioperare quando vuoi ottenere qualcosa, un conto è scioperare quando non hai voglia di lavorare. Parlando con le persone fisse, che hanno un lavoro un pochino superiore degli operai, magari in ufficio, un impiegato o un sindacalista, dicevo che questa situazione deve finire perché noi precari siamo in una situazione di merda e non è giusto, e loro: “È normale, succede così dappertutto, la ditta ha i diritto di assumere gli interinali. Non può cambiare. Magari c’è un picco di produzione. Tanto se vi assumiamo voi iniziate a fare come gli altri, a mettervi in malattia, a non lavorare… Almeno così da precari siete più produttivi quindi non abbiamo nessun interesse ad assumervi. Quando c’è bisogno del lavoro restate, quando non c’è bisogno andate via”. Non è vista più come una situazione anormale, e questa cosa mi fa rabbia, anzi ho litigato con una persona per questa cosa, con un mio carissimo amico che mi diceva che in tutti i Paesi gli interinali devono accettare questa situazione di divario e che i fissi devono capire che ci siamo anche noi e devono rivalutare la loro posizione lavorando di più.

Per quante volte ti è stato rinnovato il contratto?

In cinque anni? Calcola ogni mese! Sono stata 9 mesi a casa. Ho avuto dei contratti anche da una settimana. Scadeva il contratto e mi lasciava a casa prima di una festa, poi mi riprendeva di nuovo. Oppure prima dell’estate diceva che non aveva più bisogno del lavoro: “Ti chiamiamo in settembre se abbiamo bisogno”, e io dovevo aspettare tutta l’estate poi in settembre non avevano bisogno. Ho chiamato a ottobre e non avevano bisogno. Ho chiamato a novembre e il contratto mi scadeva il 22 dicembre; mi lasciavano a casa per Natale poi a gennaio mi riprendevano di nuovo, tanto per non pagare le ferie. Lavoravo in una ditta dove mi prorogavano il contratto ogni mese, per due anni, mi lasciavano quindici giorni a casa, poi mi prolungavano il contratto di nuovo e mi dicevano: “Guarda che noi se possiamo assumerti ti assumiamo, solo che non possiamo perché non abbiamo un posto libero”. Io ho sempre aspettato questo posto libero, che mi assumessero, perché il rapporto con i titolari era molto buono. Da due anni chiamavano sempre me. Quell’estate una signora è andata in pensione in questa ditta e un’altra ragazza si è licenziata perché si era presa una malattia e non poteva più lavorare. Non c’era un posto libero, ma due. Aspettavo di essere chiamata, ma non mi hanno chiamata e ho saputo che hanno preso una ragazza attraverso un’agenzia interinale. Non mi hanno richiamato perché mi avevano fatto una promessa quindi io avrei chiesto un contratto un po’ più lungo di un mese e non sapevano come tirarsi indietro. Avranno detto: “Chiediamo all’agenzia, quando abbiamo bisogno della ragazza la chiamiamo, quando no, la lasciamo a casa. Non abbiamo obblighi verso quella persona”. Invece con me qualche obbligo ce l’avevano. Questa cosa mi ha lasciato molto delusa e poi parlando con quel mio amico, lui ha detto che è normale, la situazione è questa.

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