Intervista ad A., lavoratrice migrante Ikea (Italia), di Transnational Social Strike Platform.
Alla vigilia sciopero femminista globale dell’8 e del 9 marzo, pubblichiamo una voce dall’Italia. A. è nigeriana e vive in Italia da 11 anni. Ha fatto molti lavori passando dalla fabbrica alle pulizie per la grande distribuzione. Lavora all’Ikea da 9 anni nel reparto food e ci racconta di come le condizioni di lavoro, il razzismo, i maltrattamenti e i salari siano peggiorati di anno in anno, anche a causa delle leggi sul lavoro e sull’immigrazione del governo italiano. A. lotta ogni giorno contro una situazione che la espone non solo allo sfruttamento ma anche allo stress dovuto alle pressioni dei capi, ai ritmi estenuanti e alle umiliazioni in un contesto in cui le lavoratrici addette alla cucina o alle pulizie sono trattate come dipendenti di serie B. I salari bassi e il legame tra permesso di soggiorno e lavoro sono la catena che impedisce alle e ai migranti di muoversi in avanti e rovesciare la situazione. Eppure A. ci parla di una pazienza ormai esaurita e della voglia di avere una vita senza la schiavitù del permesso e dello sfruttamento. Per questo scioperare per rivendicare un permesso di soggiorno europeo svincolato da lavoro, famiglia e reddito è scioperare contro la violenza e per la libertà di muoversi e di restare.
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TSS: Cosa fai per vivere? Negli ultimi anni, come sono cambiate le tue condizioni di lavoro e di vita?
A: Ho 25 anni, sono in Italia dal 2008 e lavoro all’Ikea dal 2011. Il mondo del lavoro è diventato orribile. Nel mio reparto non circola aria, non si possono aprire le finestre e ogni giorno, mentre stai lavorando, i capi vengono e ti assegnano altro lavoro, mentre le paghe sono sempre più basse. Quindi siamo lì, non possiamo dire niente, se parli ti dicono di andare via, «se non vuoi lavorare c’è una fila di persone che vogliono lavorare al posto tuo». E stai zitta, non hai scelta, perché hai bisogno di pagare l’affitto. Ci stanno sfruttando, soprattutto da quando è uscita questa legge di Renzi (Jobs Act). Poi hanno il potere di usare gli stranieri. Perché siamo tutti stranieri a lavorare in questi settori. E non possiamo parlare, perché nessuno ci supporta, siamo soli. E poi chi ha i figli rischia pure che gli vengano portati via dai servizi sociali per via del reddito.
TSS: Essere una donna e una migrante influisce su come vieni trattata a lavoro? Se sì, come?
A: Sì, molto. A lavoro non dovrebbe cambiare se sei italiana o straniera, perché siamo tutti uguali. Perciò non è possibile che se lavori da 9 anni in un posto arriva un’italiana che ancora non sa nulla ma la mettono sopra di te e se provi a dire che sbaglia, ti rispondono che tu non sei nessuno. Poi a volte ti dicono che se avessi studiato allora potresti occupare posizioni diverse. Ma io ho studiato! Mi sono laureata pure io! Però non sono cresciuta in Italia e quindi qui pensano che la laurea che ho preso nel mio paese non sia uguale, una cosa sbagliatissima. Non capisco se sono seri o se lo fanno apposta.
TSS: Hai mai assistito a molestie sessuali di qualsiasi tipo, ad esempio sul posto di lavoro, ma anche in famiglia o per strada?
A: Dove lavoro adesso no, anche se tutti ci provano, intendiamoci, quello dappertutto… Però dove lavoravo prima c’erano queste cose, uomini che volevano portarsi le donne a letto e sono dovuta andare via da lì.
TSS: Hai avuto modo di partecipare a qualche lotta di recente, ad esempio in merito a qualche politica specifica promulgata dal tuo governo o a qualche provvedimento dei tuoi datori di lavoro? Quali sono stati i risultati? Quali sono stati gli ostacoli e i limiti che avete incontrato?
A: No, non l’ho mai fatto.
TSS: Sei a conoscenza del fatto che in molti luoghi in tutto il le donne in questi anni hanno organizzato uno sciopero per dimostrare il loro ruolo e la loro forza all’interno della società e per rivendicare la fine della violenza maschile?
A: Si!
TSS: Se potessi scioperare, contro che cosa sciopereresti? E come?
A: Contro questa violenza a lavoro, la violenza dello sfruttamento degli stranieri perché questa cosa sta ormai andando avanti da troppo tempo e non va bene. Anche le mie colleghe sono stanche: a volte mentre stanno lì a lavare in cucina e arrivano i responsabili a parlare male di loro e del loro lavoro vorrebbero lanciargli le cose dietro perché non ne possono più, non c’è più pazienza. Anzi alcune dicono, «quello che succede succede, basta, io me ne vado». Tante di noi stanno cercando altri lavori perché siamo esaurite. E non è che noi siamo persone che appena mettono piede a lavoro si incazzano però il lavoro è pesante, la gente e i capi pretendono che hai sei mani, ma ne hai due e se non riesci a finire ti sgridano e urlano. Anche chi non dovrebbe sgridarti adesso ha il potere di farlo soltanto perché siamo straniere e non possiamo dire niente, o ti va bene così o quella è la porta. È questo che stanno usando contro di noi e non va bene, siamo tutti uguali. E poi i soldi sono proprio pochi! Stiamo lavorando soltanto per sopravvivere, non va bene che uno lavora 200 ore al mese e deve prendere così poco, 800-900 euro. E se togli i soldi dell’affitto e del condominio, che sono spesso spese altissime, cosa ti rimane? Ti conviene andare a rubare o prostituirti. Non va bene. Ma quando spieghi queste cose tutti dicono «questi stranieri sono sempre incazzati». Sì, ma c’è un motivo! Poi usiamo prodotti pericolosi e non ci danno neanche mascherine e guanti, occhiali… Se ti ammali ti dicono che fai finta. Il modo in cui lavoriamo non va bene, come se fossimo animali. Se ti ammali lì ti ammali proprio, ci vogliono mesi per curarti perché maneggi cose e prodotti pericolosi. Siamo gli schiavi moderni, non va bene, pensavamo che la schiavitù fosse finita ma invece c’è ancora nei posti di lavoro. Tutte queste cose devono finire! Anche le tasse che paghiamo, il permesso di soggiorno che dobbiamo rinnovare e alla fine neanche te lo danno e stai a casa ad aspettare e non puoi neanche lavorare perché hanno legato tutto! Permesso e lavoro, permesso e residenza, per cui alla fine non puoi andare avanti, non puoi tornare indietro, stai lì in mezzo, come se ti avessero attaccato a una catena che non ti fa muovere né in avanti né indietro. Questa non è vita. Ma noi siamo sempre lì con la testa alta, non con la testa bassa.
TSS: Una delle rivendicazioni di questo sciopero globale è il permesso di soggiorno europeo svincolato da lavoro, reddito e famiglia, che cosa ne pensi?
A: Ah, penso che se ci fosse sarebbe la cosa migliore. Ho dovuto sudare per avere la carta di soggiorno, pagando tanti soldi. Avere un permesso europeo ci toglierebbe un peso enorme, anche per chi cerca lavoro che così potrebbe finalmente trovare un lavoro per andare avanti. Ho tanti amici che solo perché sono senza permesso non riescono a lavorare. Un permesso europeo sarebbe ottimo.